I messaggi nascosti negli esami di laboratorio

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I messaggi nascosti negli esami di laboratorio  Paola Baiguini   Nuova Ipsa Editore
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I contenuti raccolti in questo libro sono il frutto di intuizioni e osservazioni di più di mezzo secolo di attività medica che vedono sommati i riscontri ottenuti prima dalla dottoressa Bianca Maria Tonani e poi le successive evoluzioni dei modelli e delle teorie del suo metodo che, in 30 anni di professione, l'autrice ha personalmente maturato e definito sulla base dei suoi studi e sperimentato nell'applicazione.

I risultati e i relativi riscontri laboratoristici hanno ampiamente dimostrato la validità empirica del metodo e delle teorie che lo hanno ispirato. Il metodo si fonda sul monitoraggio di una serie di parametri ematici che consentono di valutare l'andamento dei diversi quadri clinici e indicare dove, perché e come è necessario intervenire. Lungi dal voler sostituire quelle convenzionali, l'osservazione e l'interpretazione proposte, pongono sotto una luce nuova i valori ematochimici, permettendo di ampliare – e di molto – le possibilità della moderna diagnostica.

Nel testo viene discusso un nuovo modo di interpretare gli esami ematochimici, stabilendo una precisa griglia di quelli determinanti e vengono analizzati scavalcando gli automatismi di una lettura tradizionale; si mostrerà come considerare l'intervallo di norma, le relazioni tra parametri consoni e la successione delle fasi di malattia che essi rappresentano.

A quel punto si potrà valutare l'intero processo di malattia, attribuendo un ruolo ben preciso agli elementi che lo “comandano” o che lo contrastano, all'interno del preziosissimo approccio PNEI (PsicoNeuroEndocrinoImmunologico), e sarà possibile cogliere il significato clinico dei suoi sintomi rivelatori.


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Paola Baiguini



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Sommario
Premessa

Capitolo 1 - Generalità

Capitolo 2 - Vitamina D
Vitamina D - Sua azione nei tessuti nella prevenzione del cancro!

Capitolo 3 - Insulinemia e glicemia

Capitolo 4 - PNEI
Come si relazionano i sistemi pnei

Capitolo 5 - I volumi cellulari e gli esami ematochimici

Capitolo 6 - Un esempio che mi riguarda da vicino

Capitolo 7 - La spasmofilia

Capitolo 8 - Profilo lipidico
Funzioni del colesterolo

Capitolo 9 - Un accenno al pericolo ossidazione

Capitolo 10 - Ruolo dei minerali e pH urinario

Capitolo 11 - Ferro/rame

Capitolo 12 - Caso paradigmatico di interpretazione degli esami di una sindrome di cushing rispetto alla PNEI

A livello pratico

Ringraziamenti


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I contenuti raccolti in questo libro sono il frutto di intuizioni e osservazioni di più di mezzo secolo di attività medica che vedono sommati i riscontri ottenuti prima dalla dottoressa Bianca Maria Tonani e poi le successive evoluzioni dei modelli e delle teorie del suo metodo che ho, in 30 anni di professione, personalmente maturato e definito sulla base dei miei studi e sperimentato nell'applicazione. I risultati e i relativi riscontri laboratoristici hanno ampiamente dimostrato la validità empirica del metodo e delle teorie che lo hanno ispirato.

Il metodo si fonda sul monitoraggio di una serie di parametri ematici che consentono di valutare l'andamento dei diversi quadri clinici e indicare dove, perché e come è necessario intervenire. Lungi dal voler sostituire quelle convenzionali (anche se, talvolta, nostro malgrado e aderenti ai protocolli, le leggiamo con gli occhi dell'abitudine), l'osservazione e l'interpretazione proposte, pongono sotto una luce nuova i valori ematochimici, permettendo di ampliare - e di molto - le possibilità della moderna diagnostica.

Ricapitolando, in questo libro ci occuperemo di un nuovo modo di interpretare gli esami ematochimici, stabilendo una precisa griglia di quelli determinanti e li analizzeremo scavalcando gli automatismi di una lettura tradizionale; vedremo come considerare l'intervallo di norma, le relazioni tra parametri consoni e la successione delle fasi di malattia che essi rappresentano.

A quel punto potremo valutare l'intero processo di malattia, attribuendo, come vedremo un ruolo ben preciso agli elementi che lo "comandano" o che lo contrastano, all'interno del preziosissimo approccio PNEI (PsicoNeuroEndocrinoImmunologico), e sapremo cogliere il significato clinico dei suoi sintomi rivelatori.

Ma prima di tutto ciò è necessaria una premessa sia di terminologia, sia di basi, sia di ragionamento. Nel corso della trattazione si leggeranno spesso le parole "esaurimento" e "stress". Utilizzandole nel contesto faccio riferimento al loro significato originale, così come inteso nella Sindrome Generale di Adattamento (GAS) elaborata per la prima volta nel 1956 da Hans Selye, il padre della ricerca neurobiologica dello stress, che la descrisse nella sua opera "Stress of life". Ogni volta che mi riferisco ad uno stato di esaurimento o di stress, quindi, intendo significare ciò che si esprime nella Sindrome generale di adattamento (GAS) che risponde a degli stimoli squilibranti attraverso tre fasi: allarme, resistenza, esaurimento.

Spiega Selye che:
La GAS è l'insieme di reazioni fisiologiche non specifiche che un organismo mette in atto nei confronti di richieste che provengono dall'ambiente. L'organismo reagisce in modo automatico con le medesime risposte fisiologiche indipendentemente dalla natura degli stressors. Le risposte "salva-vita", progettate dalla natura per affrontare i pericoli della savana (e non per i nostri tempi moderni), sono la risposta di "allarme" nel quale l'organismo cerca di adattarsi rispetto all'evento stressante e che presenta variazioni del livello di catecolamine (adrenalina, noradrenalina e dopamina) quella di "resistenza" caratterizzata dalla secrezione di glucocorticoidi (cortisolo, idrocortisone, corticosterone e cortisone), e la fase di "esaurimento" nel quale si assiste allo svuotamento delle risorse fisiche. La permanenza in questa ultima fase genera infiammazione e maggiore vulnerabilità a malattie organiche anche molto serie.

Doverosa è dunque l'anticipazione: le fasi su cui noi ci concentreremo nella spiegazione della nostra visione, secondo questa nomenclatura, sono quelle di resistenza e di esaurimento che nella nostra lettura sono quelle in cui si genera, spesso in correlazione a un evento acuto o traumatico, un'infiammazione cronica e contemporaneamente o conseguentemente la malattia.

La teoria di Selye nasceva, come detto, dalla sua ricerca sulla relazione tra neurobiologia e stress.

Qualche decennio dopo, gli stessi concetti vengono ripresi, ampliati, arricchiti e riformulati da Bianca Maria Tonani (tra i primi medici ad abbracciare il concetto di PNEI), attraverso lo studio delle migliaia di casi clinici esaminati in un quarantennio di attività medica e a partire dal primo: il suo terzo figlio, affetto da sindrome di Sotos di alto grado.

Bianca Maria Tonani ha un approccio di tipo endocrino e metabolico, studia gli equilibri tra ghiandole e loro capacità di sopperire in modo diverso alle carenze di altre ghiandole giunte alla fase di esaurimento (se vogliamo attenerci alla nomenclatura di Selye), organizza le varie orchestrazioni fisiologiche arrivando a sviluppare una propria teoria che dà l'avvio all'utilizzo degli esami ematici per la ricognizione della malattia ancora prima che questa si manifesti attraverso i sintomi.

È evidente la potenzialità in termini di prevenzione delle patologie più gravi, come quella dell'intervento sotto forma di supplementazione per poter evitare l'ulteriore esaurimento. La rivoluzione, in termini diagnostici, è una "riparazione" graduale che, attraverso la terapia, fa ripercorrere all'organismo tutto il percorso in senso contrario, dallo stato attuale all'origine remota della malattia.

Ecco la formulazione sintetica, redatta nel 1984, dalla stessa dottoressa Tonani:

L'organismo manifesta di avvertire gli insulti dell'ambiente quando non è più in grado di mantenere la sua omeostasi per una caduta di energia che non è in stretta relazione con la comparsa del sintomo, ma è riscontrabile già in un momento precedente. Qualsiasi risposta alla noxa, giunge al direttore dell'orchestra endocrina, l'ipofisi, che provvede a modulare la risposta con l'attività intermediaria delle altre ghiandole endocrine.

Per questo motivo, a mio parere, non compare immediatamente il sintomo, perché l'organismo mette in moto meccanismi che creano un equilibrio che io definisco instabile e che è il risultato della collaborazione di ghiandole vicarianti che mirano a coprire le carenze a loro spese. Ciò accade anche al feto che vive in rapporto di simbiosi con l'organismo materno; nel caso di un alterato quadro ghiandolare della madre, il feto reagisce con la sua alterazione ghiandolare che, se non si interviene a tempo debito, può protrarsi anche dopo la nascita.

Il sintomo compare sia in situazioni fisiologiche di mutamento (es. pubertà) sia in situazione determinate dal contesto (trauma fisico o psichico). Situazioni, cioè, in cui all'organismo è richiesta una quantità superioredi energia necessaria rispetto a quel la disponibile. Questo processo non potrà durare per un tempo indefinito, a causa della relativa potenzialità energetica di ciascuna ghiandola, e si arriverà necessariamente a una fase in cui le carenze generali I di energia saranno tali da non poter mantenere l'omeostasi. Ecco manifestarsi lo squilibrio, con la comparsa del primo sintomo.

Le carenze funzionali degli organi risultano mascherate dalla collaborazione di due o più ghiandole, le cui attività formano un reciproco legame che io chiamo "blocco". In queste fasi gli esami di laboratorio segnalano le carenze con valori che, pur essendo nei limiti della norma, sono significativi, perché si possono trarre informazioni anche dalle variazioni nell'intervallo di norma.

Alcuni organi si presentano, solo in apparenza, validi e questo avviene grazie ad alcune ghiandole che mantengono l'organo a livelli fisiologici apparentemente equilibrati, ma le ghiandole in questione svolgono un superlavoro e quindi vanno incontro al rischio di esaurirsi.

In conclusione, ne traggo che, soprattutto i limiti bassi sono significativi, perché segnalano l'esaurimento di determinate funzioni.

Evolve il pensiero, cambia la nomenclatura, ma il nocciolo del pensiero è lo stesso e, a ben vedere, le sue rappresentazioni, si ritrovavano già nell'antichità: da Ippocrate in poi, dalla teoria dell'equilibrio degli umori, dall'idea orientale di equilibrio attraverso i chackra o attraverso il fluire naturale dei flussi di energia, altrimenti bloccata... la ricerca filosofica, antropologica relativa alla malattia conduce inevitabilmente ad un unico punto comune. Quello dell'equilibrio, appunto, o per dirla con Selye in assenza di GAS e, ancora, per dirla con Tonani in presenza di omeostasi e in assenza di BLOCCHI vicarianti. Ma qui siamo già ampiamente passati dalla filosofia (speculativa e non) alla scienza.

Ed è da qui, dalla valutazione empirica, come è giusto che sia, che il nostro lavoro procederà.


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