Etica per le Professioni. MOBILITA' SOSTENIBILE

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Editoriale

Mobilità sostenibile

DOSSIER

MUOVERSI: tra diritto individuale e bene collettivo
- di Giorgio OSTI
L’articolo tratta della mobilità come fenomeno socio-culturale, legato cioè ai valori e alle pratiche delle persone. In esso si cerca di affrontare i problemi della mobilità da una prospettiva positiva. Si vuole in altre parole capire come la mobilità si inscriva in tendenze antropologiche e nelle aspirazioni alla libertà dell’uomo moderno. Da lì bisogna partire per ipotizzare risposte efficaci all’eccesso di mobilità. Nell’articolo vengono indicate tre chiavi di lettura: organizzazione del lavoro, significato del turismo e piacere del movimento. Per ognuna di esse si pensa a dei punti nei quali si potrebbe agire. Nel primo caso si parla di rimescolamento fra casa e lavoro, nel secondo di utilizzo di mezzi lenti nei luoghi da visitare, nel terzo di sfruttamento del piacere cinetico derivante dall’uso della bicicletta.

UN SIMBOLO che isola, invece che far incontrare - di Giudo VIALE
La storia delle città contemporanee è ripercorsa in parallelo all’evoluzione dei trasporti. Le città dell’Europa del XIX sec. si espandono in forma stellare, lungo i tracciati dei mezzi di trasporto collettivo (tranvie, ferrovie). Nel XX sec. lo sviluppo della motorizzazione di massa, con il dominio dell’automobile, rende evanescenti i confini tra città e campagna, determina l’urbanizzazione delle campagne stesse e accompagna la nascita delle megalopoli. Ma soprattutto l’automobile erode, trasforma e distrugge lo spazio pubblico (la strada, la piazza, il cortile), destinato all’incontro, alla convivialità, ai luoghi dove si innerva la vita democratica. Le automobili prolungano sulle strade, rinchiudendo le  persone nel guscio della carrozzeria, l’isolamento proprio della vita privata; creano del “non luoghi” (centri commerciali, grill autostradali) dove le persone si incrociano ma non si incontrano. Ecco dunque la necessità, secondo l’autore, di restituire al popolo le strade (street to the people), restituire gli spazi pubblici alla socialità, specialmente alle categorie più confinate nelle proprie case, gli anziani, i bambini i disabili. Non a detrimento della mobilità, ma percorrendo vie alternative, come il car pooling, il car-sharing,il taxi collettivo, la distribuzione condivisa delle merci.

IL TRASPORTO pubblico e privato deve cambiare pelle - di Federico STANTA
Durante la Rivoluzione Industriale si sviluppò un sistema di trasporto pubblico promosso sia dagli Stati sia dalle imprese private. Nel dopoguerra vi fu la ripresa del trasporto individuale (automobile) e il trasporto pubblico rimase un servizio la cui sopravvivenza dipendeva unicamente dallo Stato.
Oggi il trasporto in Italia è uno dei maggiori comparti della spesa pubblica, ma con un bilancio negativo tra risorse spese e benefici conseguiti: lo Stato è rimasto prigioniero nel ruolo, contraddittorio, di finanziatore del trasporto pubblico e di sostenitore del comparto automobilistico.
Sembra urgente, invece, cogliere la crescente domanda di mobilità, giacché esistono le condizioni per far sì che il trasporto pubblico sia una soluzione per conciliare la possibilità di spostarsi con l’uso sostenibile delle risorse naturali.
Per vincere questa sfida, oltre che di imprenditorialità privata, vi è bisogno di enti pubblici interpreti delle autentiche necessità collettive.

INNOVARE e coordinare: una sfida politica e ... culturale
- di Anna DONATI
La crescita della mobilità è considerata un indice di crescita economica, di relazioni personali e commerciali, e di esercizio delle libertà personali e collettive. Essa tuttavia si è affermata prevalentemente con riguardo al trasporto stradale, con tutti i noti pregiudizi in tema di emissioni inquinanti, di congestione, di incidentalità. L’articolo ripercorre le tappe delle decisioni delle autorità di governo italiane in materia di politiche della mobilità a partire dagli anni Novanta, mettendo in evidenza come ci sia stata una sostanziale mancanza di integrazione con la politica di programmazione dell’uso del territorio. Inoltre, a fronte di un aumento del pendolarismo delle merci e delle persone, si registra una carenza del trasporto ferroviario e collettivo. Il contributo si chiude con l’indicazione delle alternative praticabili per ridurre gli impatti e risparmiare traffico motorizzato: dalla ricerca di nuove forme di mobilità da mettere a disposizione dei cittadini, al sostegno degli investimenti per il trasporto non su gomma, dall’adeguamento degli strumenti di pianificazione urbanistica e di governo del territorio al finanziamento della ricerca nel campo dei trasporti. Azioni che hanno bisogno di azioni coordinate tra le istituzioni e di nuove professionalità.

CITTADINI piú consapevoli, istituzioni piú responsabili - di Roberta CUCCA
L’obiettivo del contributo è proporre alcune chiavi di lettura per comprendere l’universo della “partecipazione per la mobilità sostenibile”, invocata sempre più spesso come strumento per risolvere problematiche legate all’accettabilità e all’efficacia di interventi con un forte impatto sulle abitudini di spostamento delle persone. Come spesso accade, però, dietro alle ricette di senso comune, si possono celare formule dal contenuto incerto. Per comprendere questi aspetti, il contributo esplora fenomeni molteplici come le nuove forme di mobilitazione per la mobilità sostenibile, la produzione di servizi da parte di soggetti del non-profit e la promozione di forme di democrazia partecipativa sulle politiche per la mobilità.



APPLICAZIONI

Urbanista
Progettare in grande: ovvero "ambientizzare" strutture e mobilità
- di Piergiorgio Vitillo

Funzionario pubblico
Prototipo sperimentale di contrasto all'inquinamento da traffico urbano
- di Bruno Villavecchia

Mobility Manager
Eco-integrare servizi e tecnologia: questo è il ruolo strategico in azienda
- di Lorenzo Bertuccio, Federica Parmagnani

Car pooling
Riempire le auto per svuotare le strade: i vantaggi del "car pooling"
- di Emidio Panna

Cityporto
Ultimo miglio urbano con Cityporto: un eco-modello per le consegne in città
- di Walter Stefan

Indicazioni bibliografiche

RUBICHE PER AMBITI PROFESSIONALI

ECONOMIA / DARE IL GIUSTO valore ai beni e al primato della “relazione”
- di Giampietro PAROLIN
Questo breve contributo riflette  sulla crisi  economica (ma non solo economica) che caratterizza il nostro tempo. Molto si è già scritto e detto, le analisi si sprecano. L’autore, con questa riflessione, cerca di dare qualche spunto, consapevolmente  non esaustivo, guardando alla crisi con l'ottica di quel principio dimenticato che è la fraternità. La crisi infatti mostra come l’applicazione in campo economico e politico di libertà e uguaglianza - con tutte le combinazioni e le ricette del caso - non abbia saputo prevenire (oltre che prevedere) quanto successo. Gli incentivi economici e gli assetti istituzionali non bastano. Forse la crisi economica e finanziaria è riflesso di una più profonda crisi culturale.

FORMAZIONE / APPRENDIMENTO consapevole e responsabilità etica nel lavoro - di Sabina CELIO
L’articolo propone una riflessione riguardante il modo in cui l’etica è vissuta, in particolare, all’interno delle grandi aziende. Partendo dalla propria esperienza e dall’analisi di alcuni codici etici o deontologici, l’autrice rileva come le aziende siano maggiormente attente a definire i comportanti esteriori dei dipendenti, e meno preoccupate di formare in loro una più radicata coscienza morale. Secondo l’autrice, la causa di questa carenza è da ricercarsi nella scarsa attenzione data al legame tra i comportamenti eticamente responsabili e la maturità morale ed esistenziale dell’adulto che lavora. La presenza in azienda di adulti professionalmente responsabili può essere favorita se i dirigenti, ad ogni livello, saranno capaci di una leadership efficace e credibile non solo dal punto di vista economico, ma anche da quello dell’agire etico.

BIOETICA / I VANTAGGI scientifici ed etici delle cellule staminali adulte - di Paola DELBON, Adelaide CONTI
L’applicazione di nuove tecnologie al fine di ricavare cellule staminali embrionali pone una serie di interrogativi di natura etica. Secondo alcuni la risposta consiste in un bilanciamento tra valori: la tutela dell’embrione da un lato, la valenza di tale ricerca in vista della salute collettiva dall’altro.
Vi sono altri autorevoli pareri, però, che considerano tali pratiche non eticamente accettabili, sia nel caso di cellule staminali eterologhe, provenienti da embrioni sovrannumenrali, sia nel caso di cellule autologhe, derivanti da clonazione terapeutica. L’argomento utilizzato per dimostrare tale posizione viene svolto a partire dalla concezione sullo statuto ontologico dell’embrione (e del grado di tutela da garantire allo stesso) e denuncia un capovolgimento delle priorità, allorché con la giustificazione di aiutare individui malati, si vanno a sacrificare individui ancor più deboli e meritevoli di garanzie. Il problema potrebbe essere invece aggirato, o risolto, se si riuscisse a partire da cellule staminali adulte o prelevate da feti risultanti da aborti spontanei.

Spazio aperto / Sport e diritti umani
Lo sport può promuovere "tutti i diritti umani per tutti"
- di Antonio Papisca


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Etica per le Professioni Rivista



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In questi dieci anni di vita la rivista “Etica per le professioni”, voluta e curata dalla Fondazione Lanza, si è conquistata sul campo - in quello non certo semplice dei periodici specialistici - uno spazio di valore e di competenza scientifca motivato soprattutto dalla sua impostazione di rigore culturale e insieme di interazione multidisciplinare. Nell’iniziare l’impegno di direttore editoriale sono riconoscente innanzitutto al prof. Antonio Da Re, che in questi anni ha portato la rivista a un livello di qualità scientifica tale da rappresentare un’eredità preziosa, di sicura garanzia, e nello stesso tempo un lascito assai esigente. So che egli continuerà a essere un accompagnatore e un consigliere valido per il prosieguo della vita della rivista entrando a far parte del Comitato scientifco, il quale con competenza e lungimiranza ha garantito in questi anni la linea
editoriale di fondo della rivista. Altra valida garanzia di continuità mi viene assicurata dalla Redazione, e in particolare dal lavoro svolto dal caporedattore, Germano Bertin, che continuerà a essere il perno dell’opera
redazionale, dei numerosi e pertinenti contatti sviluppati fn qui, nonché dell’importante lavoro di promozione e diffusione della rivista.
Nel mio primo incontro con il direttore responsabile, dott. Gianni Locatelli, ho avuto modo di vedere confermata la sua forte passione e la sua convinta e vivace adesione alla mission specifica della rivista, arricchite poi dal suo ricco patrimonio esperienziale e professionale (già direttore de “Il Sole 24 Ore” e già direttore generale di RAI TV). Tutto questo per dire ai nostri lettori che la serietà e la qualità conquistate dalla rivista in questi dieci anni sono oramai un patrimonio che non potrà che essere valorizzato e fatto fruttare ancora di piú. Per tutte queste ragioni, con il Comitato Scientifco e il Comitato di Redazione, supportati dalla Fondazione Lanza e dall’Editore, stiamo già preparando, in occasione del primo decennio di attività della rivista, un appuntamento speciale che non vuole essere soltanto celebrativo, ma ulteriore opportunità di impulso, di confronto, di ascolto e di rilancio per rispondere sempre meglio alle nuove responsabilità etiche che interpellano e impegnano il vasto mondo delle professioni.
Se vi è un’evidenza, infatti, che subito è balzata in primo piano a ridosso della crisi finanziaria, economica e sociale che stiamo vivendo oggi, è quella che riguarda il tradimento etico messo in atto da molti professionisti. Senza tanti giri di parole, a fronte degli effetti nefasti provocati dalla crisi, appare evidente l’urgenza di rilanciare in senso trasversale e in maniera capillare quell’opera di “formazione etica” nelle professioni che forse era stata data troppo per scontata. Il lavoro paziente e tenace, inserito tra le pieghe del quotidiano della vita professionale, svolto dalla nostra rivista in questi anni, testimonia che la formazione etica non è mai un dato acquisito una volta per tutte, ma piuttosto una attenzione e una scelta che ha bisogno di tempo e di graduale maturazione per essere consolidata, sia da parte delle istituzioni sia da parte delle singole persone.
E' questo il servizio che la rivista intende continuare a sviluppare, confermando due specifche caratteristiche: da una parte, si prefigge di offrire sobrie ma incisive chiavi di lettura delle diverse realtà professionali (e dell’ambiente circostante) continuamente in trasformazione e, dall’altra, di indicare, a partire dall’interno del vissuto professionale, coerenti orientamenti etici. L’insieme va mediato, poi, come apporto alle coscienze personali, affnché mediante un apprendimento continuo maturino tanto la capacità di discernimento quanto la competenza a decidere in situazione.
Tutto questo è ciò che viene alla luce anche per le questioni che sono oggetto di attenzione e di rifessione in questo dossier dedicato al tema della “mobilità sostenibile”. Non esiste un progresso lineare, cioè comunque buono e promettente, verso magnifiche e progressive sorti. È insito nel progresso, da una parte, creare crescita e interventi migliorativi e, dall’altra, aprire processi di impoverimento e perfino di
peggioramento. Il progresso è una realtà ambivalente e molto dipende da quale parte gli uomini riescono a far inclinare la bilancia. L’idea dello “sviluppo sostenibile” ha la sua centralità e persuasività nel fatto che cerca di promuovere uno sviluppo che riduce al minimo, e possibilmente azzera, i costi negativi che fin qui tutti vediamo e paghiamo. Certo, oggi si ha l’impressione che i costi siano saliti a un punto tale che pare disperata la corsa a sanarli.
La mobilità umana nelle nostre società ipermoderne è forse un caso emblematico dell’intima contraddittorietà del progresso cosí come lo abbiamo conosciuto e lo continuiamo a immaginare. È innegabile che l’evoluzione del sistema dei trasporti ha rappresentato un’opportunità senza precedenti nella storia delle civiltà. È stata un fattore di benessere e un vettore di nuovi diritti e di nuove scoperte. Ma è altrettanto innegabile che tale evoluzione ha generato congestione, inquinamento acustico e atmosferico, incidentalità e mortalità sulle strade, degrado paesaggistico, depauperamento di risorse naturali, compromissione della salute, dello stato del clima e dell’ambiente. Vengono alla luce, dunque, alcune contraddizioni del nostro sistema che la mobilità evidenzia in modo emblematico.
Tuttavia, siamo ben coscienti che dobbiamo superare non solo la tentazione di ritorno periodico a letture antimoderne, ma anche il delirio automobilistico che ancora persiste, per discernere un proflo positivo della mobilità umana all’interno dei processi del nostro mondo. L’orientamento è quello di evidenziare, accanto a una lettura realistica del fenomeno della mobilità, possibili vie d’uscita e modalità percorribili per riuscire a superare le contraddizioni di partenza del nostro sistema di trasporto di uomini e merci. Vi è la necessità di elaborare un approccio non solo multidisciplinare ma trasversale, tale da cogliere non solo la complessità, ma anche le operazioni praticabili per imboccare nuove soluzioni. Certo, occorre lucidità e determinazione da
parte degli amministratori della cosa pubblica, ma anche lungimiranza e cura del bene comune da parte di tutti gli altri soggetti, a cominciare dal cittadino e dal suo civismo.
Ma a monte vi sono almeno due profli della mobilità che risultano decisivi per comprendere la posta in gioco che essa nasconde. Il primo proflo è quello antropologico: essa tocca l’essere umano nel suo stesso cuore. Con le figure concrete che la mobilità odierna ha assunto è stato drasticamente ridotto e impoverito lo spazio antropologico dell’incontro e della relazione con l’altro, con la mortifcazione della socialità e l’esasperazione dell’individualismo. Le forme e i modi della nostra mobilità hanno confermato, e semmai rafforzato, la desocializzazione dell’uomo e la privatizzazione dell’esistenza a scapito del bene comune e della polis come spazio dell’evento plurale dell’umanità in cui arricchirsi (ma anche arrischiarsi) dell’incontro con l’altro. L’atrofizzazione della componente relazionale nella nostra esistenza è passata anche attraverso il quotidiano mezzo automobilistico.
Il secondo proflo è quello etico della mobilità ed è tutt’altro che trascurabile. Va al cuore della nostra cultura moderna ed è gravido di conseguenze. Riguarda il confitto tra libertà personale e cura per alcuni beni comuni fondamentali. L’appello al diritto alla libertà personale (di muoversi come, quanto e quando si vuole) e delle attività commerciali è entrato fortemente in collisione con alcuni capitali beni comuni, come la salute e la qualità della vita, la salvaguardia dell’ambiente, la tutela delle risorse e, non da ultimo, esso genera anche nuove disuguaglianze ed esclusioni. Emerge qui la natura confittuale e contraddittoria della nostra concezione moderna della libertà: rispetto delle libertà individuali da una parte e, dall’altra, gli effetti secondari negativi derivanti da un uso individualistico delle nostre stesse libertà. Rimuovere questi due profili della mobilità delle persone e delle merci nel nostro tempo, signifca non solo precluderci la comprensione della natura profonda del fenomeno stesso della mobilità, ma privarci anche del coraggio di ricercare soluzioni all’altezza dei problemi e dei confitti in cui ci dibattiamo, tanto sul piano dello stile di vita personale quanto su quello della convivenza sociale.
Si apre cosí alla nostra considerazione un nuovo impegno condiviso e articolato in una sorta di triangolo virtuoso, ossia tre registri sui quali agire contemporaneamente: quello dei valori dei cittadini, quello delle nuove professioni e quello dei vincoli pubblici maturati mediante percorsi di informazione, formazione e partecipazione. In altre parole, come sempre piú spesso prendiamo coscienza oggi, ci vuole una competenza di sintesi tra azioni multiple che, nel caso della mobilità, comprendono interventi sui valori, sugli stili di vita personali e collettivi, sulle innovazioni, accompagnate dal coraggio degli amministratori della cosa pubblica e rafforzate dalla partecipazione di cittadinanza in vista di una mobilità sostenibile.
Rispetto al modello dominante, infatti, esistono alternative praticabili e vantaggiose per tutti, come il car pooling, il trasporto a chiamata, i servizi di prossimità, la riscoperta della bicicletta, la bici elettrica, il car sharing, il bike sharing, il taxi collettivo, la distribuzione condivisa delle merci e la consegna a domicilio … Il riequilibrio verso sistemi di trasporto contrassegnati dalla “sostenibilità” implica anche nuove strategie orientate verso una vera connessione tra assetto territoriale, infrastrutture e sistema della mobilità, la messa al centro del settore ferroviario, del trasporto via mare, di una logistica integrata e intermodale, di una piú decisa gestione del traffco per accrescere l’effcienza e il risparmio energetico.
In defnitiva, il caso della mobilità ci insegna che un sistema di vita basato sull’enfasi unilaterale delle libertà individuali che compromettono la qualità della vita e dell’ambiente, non ha futuro. Al contrario, si tratta oggi di mettere in valore le libertà delle persone in vista di una costellazione condivisa di fini complementari, quali la riduzione dei costi (economici, energetici, antropologici ed etici) per la collettività, una maggiore convivialità e cura per la relazione interpersonale, la restituzione di spazi all’incontro e al confronto, piú servizi e meno status symbol da esibire, meno “non luoghi” e piú opportunità per il riconoscimento.

Il Direttore
Lorenzo Biagi


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