Vivere senza diabete

L'epidemia del secolo: prevenzione e cura

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Vivere senza diabete  Luca Speciani   Tecniche Nuove
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Siamo tutti un po' diabetici o iperglicemici senza saperlo. Le cause sono note da tempo: l'aumento esponenziale della sedentarietà nella popolazione e l'esagerata disponibilità di cibi dolci o additivati di zucchero, hanno alterato in modo marcato il nostro metabolismo generando obesità e malattia.

I numeri sul diabete sono impressionanti, in rapida crescita e grandemente sottostimati perché il diabete è all'origine dell'aggravamento di molte altre patologie, da quelle cardiovascolari al cancro.

Gli autori, con un punto di vista originale (quello della Medicina di Segnale), ribaltano alcune credenze sulle cause della malattia, sulla sua prevenzione e sulla sua cura, e puntano il dito contro la scarsa attenzione riservata dai media al problema. Vengono analizzati, sia per il diabete1 (autoimmune) che per il diabete2, i fattori scatenanti, i farmaci efficaci, inutili o dannosi, le possibili cure naturali e le modalità con cui cambiare una volta per tutte il proprio stile di vita per trasformare le tante scorrette abitudini diabetogene in altrettante salutari.


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L'epidemia del secolo: prevenzione e cura

Luca Speciani



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Sommario
Introduzione Iperglicemia e diabete: una tragica epidemia
Numeri agghiaccianti
Una malattia da vecchi?
Malattia dei poveri e degli incolti?
Un mediterraneo diabetico
Ricatti occulti
Censure interessate
Una semplice verità
Quell'innocua tazzina
Viva la frutta
Controcorrente

Capitolo 1 Diabete: conoscerlo per evitarlo
Diabete 1, diabete 2, diabete insipido: tre diverse patologie
I sintomi del diabete: sarò malato anch'io?
La predisposizione ereditaria: quanto conta?
La biochimica del diabete
Infiammazione e diabete: il meccanismo della resistina
Il circolo vizioso di visfatina e resistina
I danni del diabete: AGE, infiammazione, ipertensione, cancro,
cecità, amputazioni, demenza
Alzheimer: il terzo diabete
Una difficile riparazione

Capitolo 2 Un mondo di zucchero
Una droga letale
Una grave epidemia
Non dolcificare
Leggere le etichette
Una coraggiosa diffida
Eliminare con coraggio
Zero e light, dalla padella alla brace
L'imbroglio degli edulcoranti
Farine raffinate: spacciare per "normale" ciò che non lo è
Leggere le etichette per salvarsi
Junk food: come riconoscerlo, come evitarlo
Ciò che sembra non sempre è
Ho visto cose che voi umani
Colpa dei grassi?
Che fare?
Il modulo "Salvasalute": ripristiniamo la legalità
Un divieto spesso ignorato
Una situazione non più tollerabile
Un "gentile" ritorno alla legalità
Il modulo "Salvasalute"
Un'azione scomoda
La parola ai cittadini
Spedire ora

Capitolo 3 Farmaci e diabete
Diamo qualche numero
I farmaci che generano diabete
La relazione tra statine e diabete
Meccanismi d'azione chiariti
Cortisonici e diabete
Adrenalina e diabete
Depressi e diabetici
Neurolettici e antipsicotici: obesi, diabetici e col cervello a pezzi
Per concludere
I farmaci contro il diabete
Non sono caramelle
Sulfaniluree: le "scarica-pancreas"
Meglitinidi: simil-sulfaniluree
Glitazoni: farmaci pericolosi
Biguanidi: i più diffusi
GLP1 agonisti e DPP4 inibitori: nuovi e pericolosi
Inibitori SGLT2: azione renale
Inibitori dell'alfa-glucosidasi (acarbosio)
La deprescrizione
Insulina: quando il pancreas è decotto
Deprescrivere insulina
Rimedi naturali
Cannella: polifenoli mima insulina
Banaba: giù glucosio e adipociti
Berberis: azione sul fegato
Curcuma: magico rizoma
Lupini: insulino-stimolanti
Ulivo: ipotensivo e antidiabetico naturale
Gymnema: il "mangia zucchero"
Chufa: una farina sorprendente
Acido lipoico
Cromo: un minerale per il metabolismo
Tanti principi attivi con azioni diverse
Le cure
Cure di segnale
Le terapie di segnale: un tentativo di sintesi
1. Movimento fisico
2. Eliminazione degli zuccheri aggiunti
3. Rimozione farmaci in uso
4. Controllo dell'infiammazione (effetto resistina)
5. Farmaci antidiabetici
6. Integrazioni naturali
7. Diabete insulino-dipendente

Capitolo 4 Incominciare a muoversi
Nati per correre
Cibo dell'uomo?
Tanti vantaggi, nessun effetto collaterale
Rendere quotidiano il muoversi
Il metodo delle fasi
Come lo sport altera la glicemia

Capitolo 5 Diabete di tipo 1 e diabete gravidico
Il diabete di tipo 1
Il diabete gravidico

Capitolo 6 Una dieta antidiabete: la dietaGIFT
La leptina, ormone della normocaloricità
Interazioni tra molecole di segnale
Quanta confusione in ambito nutrizionale!

Capitolo 7 Parte pratica
Testi e foto a cura di Lyda Bottino
La spesa del diabetico
Si può bere senza avvelenarsi?
Cosa dice la legge riguardo alle diciture
A proposito di pane e farine
La pasta: gioia e tormento dell'italiano medio
I biscotti: ma sono così necessari?
Le "fette biscottate": angeli o demoni?
Le gallette: cibo o "polistirolo"?
Il miele: poco è meglio
I datteri
La spesa del diabetico in pratica
Un menu per il diabetico
Le ricette antidiabete

Conclusioni Una patologia reversibile

Bibliografia e sitografia
Siti e riferimenti internet per approfondire
I nostri libri per approfondire

Gli autori


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NUMERI AGGHIACCIANTI
Se i numeri rappresentano in qualche modo la realtà dei fatti sanitari, non vi è alcun dubbio sul fatto che l'attuale "epidemia" di diabete sia una delle emergenze primarie del nostro tempo. I dati ISTAT parlano chiaro e si commentano da soli.
Nel 2016 oltre tre milioni e duecentomila persone, in Italia, dichiarano di essere affette da diabete: il 5,3% dell'intera popolazione, che diventa un drammatico 16,5% fra le persone di 65 anni e oltre. A questi andrebbero aggiunti tutti coloro che, senza rendersene conto, sono resistenti insulinici gravi alle soglie del diabete, senza rendersene conto. Un numero che si stima pari a quello dei diabetici già diagnosticati.
Non è sempre stato così, però. La diffusione del diabete è quasi raddoppiata in trent'anni (coinvolgeva solo il 2,9% della popolazione nel 1980) e anche rispetto al 2000 i diabetici sono un milione in più. Una vera epidemia a fronte della quale le preoccupazioni ministeriali verso alcune patologie infettive impallidiscono.

UNA MALATTIA DA VECCHI?
Quando ero un ragazzino la parola diabete evocava in me l'idea di una "disabilità", di una condanna inequivocabile con la quale alcuni poveri ragazzi sfortunati dovevano fare i conti. Il compagno di classe diabetico (di tipo 1) doveva stare attento a diversi cibi (non mi era chiarissimo quali) che potevano per lui essere
pericolosi, e senza quel controllo poteva rischiare convulsioni, coma, morte. Si trattava però, nella mia testa, di una condanna del fato. Uno scherzo del destino contro cui nulla era possibile fare. Il diabetico adulto, raro, era meno visibile e le cautele verso lo zucchero di qualche nonna potevano essere facilmente confuse con semplici attenzioni alimentari. Perché il diabete adulto (diabete di tipo 2) è una malattia a lento sviluppo: lento è l'instaurarsi di una progressiva inefficienza dell'insulina, lento è il crescere graduale dei livelli di zucchero nel sangue (glicemia), lento è il verificarsi delle gravi e gravissime complicanze legate proprio al danno cellulare e vascolare delle proteine glicate su vasi e tessuti (micro e macro vasculopatie, neuropatie, degenerazioni retiniche, cecità, amputazioni, infarti). Ma se c'è (c'era!) tutta questa lentezza nell'aggravamento clinico, perché oggi assistiamo impotenti a un incremento esponenziale del numero dei diabetici adulti e soprattutto a un'accelerazione del processo tale che dalla "nonnina golosa" il problema si è spostato ai manager rampanti quaranta-cinquantenni?

MALATTIA DEI POVERI E DEGLI INCOLTI?
Dove sono e cosa fanno, per il diabete, quei parlamentari che tuonano a giorni alterni contro le prossime sicure stragi di varicella e di rosolia? Quando la finiremo di coprirci di ridicolo in cambio di umilianti contropartite economiche?
Il problema evidentemente ha radici diverse, una delle quali è l'elevatissimo costo sanitario (che grava su noi tutti) del malato di diabete e delle sue gravi comorbilità (cardiovascolari, neurologiche, ortopediche, oculistiche).
Il diabete, per esempio, è una patologia fortemente associata allo svantaggio socioeconomico. Le donne diabetiche di 65-74 anni con laurea o diploma sono il 6,8%, le coetanee con al massimo la licenza media il 13,8%. Le donne con titolo di studio basso hanno poi un rischio di morte 2,3 volte più elevato delle laureate.
Come giustificare questa enorme differenza? Perché una persona culturalmente più dotata riesce meglio a sfuggire al diabete? Basterebbe forse più informazione sui danni da zucchero per prevenire morti e malattia? Questo è un altro piano su cui muoversi.

UN MEDITERRANEO DIABETICO
Questa patologia è inoltre più diffusa nelle regioni del Mezzogiorno dove il tasso di prevalenza standardizzato per età è pari al 5,8% contro il 4% del Nord. Anche per la mortalità il Mezzogiorno presenta livelli sensibilmente più elevati per entrambi i sessi. E ancora stiamo a parlare come top standard di una non meglio definita "dieta mediterranea" in cui i carboidrati raffinati vengono indicati come base nutrizionale dell'individuo?
Obesità e sedentarietà sono poi rilevanti fattori di rischio per la patologia diabetica. Tra i 45-64enni la percentuale di persone obese che soffrono di diabete è al 28,9% per gli uomini e al 32,8% per le donne. Nella stessa classe di età il 47,5% degli uomini e il 64,2% delle donne con diabete non praticano alcuna attività fisica. Sono numeri che parlano da soli. L'attività fisica regolare è il più potente farmaco antidiabete oggi conosciuto. Favorirla anche nelle fasce meno abbienti potrebbe prevenire molte morti precoci e ridurre in modo rilevante i costi sanitari del nostro paese. Che sia questo il motivo per cui vi è una totale inerzia nel combattere questa piaga con metodi non farmacologici?

RICATTI OCCULTI
Con questi dati non è difficile capire che i costi sanitari per la cura di questi pazienti sono in crescita esponenziale e naturalmente (ticket a parte) a totale carico del servizio sanitario nazionale.
Perché si fa poco o nulla per combattere questa disastrosa patologia i cui effetti, economici e sulla salute, graveranno in modo insostenibile sulle spalle dei nostri figli?
La risposta è complessa, ma proveremo qui a suggerire delle chiavi di lettura della realtà un po' diverse da quelle che quotidianamente ci vengono ammannite da media che, invece di fare informazione, fanno talvolta prezzolata disinformazione, da me minuziosamente descritti nel romanzo "Il medico che scelse di morire". Fino a che non passerà un deciso segnale culturale che descriva i danni da zucchero e li faccia conoscere almeno quanto sono conosciuti quelli da fumo, da alcol e da altre droghe, sarà difficile impostare iniziative di ribellione contro questo sistema. Purtroppo è impensabile aspettarci collaborazione dalle aziende di settore che hanno tutto l'interesse a continuare a lavorare con materie prime di costo bassissimo (come zucchero e farine raffinate), influenzando quanto più possibile il mercato da un lato con la pubblicità martellante di questi prodotti, dall'altro esercitando verso i media il cosiddetto "ricatto pubblicitario" che impedisce alle testate di mettere in cattiva luce chi le foraggia. Un circolo vizioso da cui è difficile uscire.

CENSURE INTERESSATE
Come medici di segnale abbiamo per esempio dovuto subire una grave chiusura mediatica in riferimento al nostro cosiddetto "modulo Salvasalute" (vedi oltre) che intendeva ripristinare la legalità in tutte quelle situazioni in cui distributori automatici di junk food venivano installati nelle scuole, nei centri sportivi, nelle stazioni, in palese violazione delle leggi esistenti.
Noi abbiamo elaborato un modulo di pre-denuncia "gentile" per far rimuovere questi distributori illegali, scaricabile da chiunque dal nostro sito. Dal 1992 esiste infatti una legge che vieta espressamente la presenza di questi erogatori di junk food in ogni luogo pubblico ove vi sia possibile passaggio di minori. Non era forse una bomba mediatica?
Quale credete sia stata la risposta dei tanti canali editoriali a cui ci siamo rivolti? Un buon giornalista non dovrebbe cogliere la palla al balzo e farne uno scoop? O addirittura essere invogliato a fare giornalismo investigativo (chi ha tenuto nascosta una legge per 27 anni? Qualcuno è stato pagato per questo?). Invece, il nulla. Solo una o due testate, a noi amiche, hanno dedicato un trafiletto. Silenzio greve per tutti gli altri. Poi i giornalisti si indignano quando qualche politico dice che sono asserviti ai poteri forti. In Italia ho la sensazione che sia peggio che altrove.
Eppure l'effetto diabetogeno delle bevande zuccherate è da tempo molto ben documentato (si veda ad esempio Ebbeling et al., Pediatrics 117; 2006, "Effects of decreasing sugar-sweetened beverages consumption on body weight in adolescents"). Perché nessuno si straccia le vesti di fronte a tanta negligenza e sottovalutazione del problema?

UNA SEMPLICE VERITÀ
La domanda da porsi è: cosa fare, dunque, come medici e come cittadini, per muovere passi decisi nella direzione in cui pare nessuno voglia andare?
Le vie maestre per prevenire l'insorgenza del diabete che - ricordiamolo - nella sua versione adulta è e resta una malattia a lenta insorgenza, sono in estrema sintesi:
• un'adeguata attività fisica;
• una riduzione dell'assunzione di zucchero e di carboidrati raffinati.

Sic et simpliciter. Perché la verità, che viene accuratamente celata al grande pubblico, è che iperglicemia e diabete sono malattie del tutto reversibili, se affrontate prima di diventare insulino-dipendenti. I farmaci servono a poco o nulla se il paziente non incomincia a muoversi quotidianamente e non inizia a praticare con costanza una dieta priva di zuccheri aggiunti e di farine raffinate. Perché invece dobbiamo assistere impotenti all'operato quotidiano di colleghi che - totalmente impreparati sul valore di dieta e movimento da un sistema scolastico asservito - dicono al paziente: "Stia sicuro: con i farmaci potremo rallentare la progressione della sua malattia, ma indietro non può più tornare"?
A chi giova annebbiare le coscienze degli operatori a tal punto da impedire loro di vedere i miglioramenti rapidissimi che il paziente riscontra non appena inizi a seguire una dieta davvero antidiabetica abbinata a un regolare movimento?

QUELL'INNOCUA TAZZINA
Muoversi contribuisce a svuotare periodicamente le scorte di glicogeno delle nostre cellule muscolari, che restano così "sensibili" (è una buona cosa) al trasporto dei nutrienti da parte dell'insulina.
Se però facciamo movimento, ma assumiamo grandi quantità di zuccheri, il problema persiste. Se poi non facciamo nemmeno movimento, saremo presto nei guai.
Ma quanto è "tanto zucchero"? Siamo sicuri di saperlo davvero, o sottostimiamo ogni giorno il problema? Come vedremo più avanti la quantità di zucchero aggiunto che possiamo tollerare in ogni cibo non è vicina allo zero. È zero. Eppure nella nostra dieta troviamo con grande abbondanza piattoni di pasta o riso raffinati,
pane bianco, fette biscottate, cereali da colazione, creme spalmabili, cioccolati ordinari, polveri al cacao, focacce, brioches, biscotti, dolciumi, caramelle, chewing-gum, marmellate, gelati e succhi dolcificati di ogni genere e tipo.
Purtroppo non esiste ancora una cultura diffusa che illustri i pericoli di un consumo smodato di zucchero all'interno della nostra alimentazione.

VIVA LA FRUTTA
Ma sono solo gli zuccheri semplici a creare questo problema? Un tempo nei centri di diabetologia si distingueva tra carboidrati semplici, considerati più pericolosi (zucchero, glucosio, miele, lattosio), e zuccheri complessi (pane, pasta, riso). Poi, dal 1981, Jenkins ha introdotto il concetto di "indice glicemico" per distinguere ed evidenziare meglio quale tra i diversi carboidrati avesse maggiore o minore capacità di alzare la glicemia. Un alimento, tuttavia (ad esempio un'albicocca), può avere un indice glicemico piuttosto elevato, ma un carico molto basso (a causa del suo alto contenuto d'acqua), mentre al contrario un altro può avere un indice più basso (pane bianco) ma un carico molto maggiore. In altre parole: per fare un carico glicemico consistente (che è quello che fa scatenare l'insulina) bastano poche decine di grammi di pane o pasta bianca, mentre (pur con indice più elevato) occorrerebbero almeno un paio di kg di albicocche.

Frutta e verdura in genere (che sono ricchissimi di acqua, si pensi a un cocomero che ne contiene fino al 98%) hanno dunque un carico glicemico sempre molto contenuto, e questo vale anche per la frutta tradizionalmente considerata più zuccherina. Il "Nurses health study", un lavoro imponente sulle abitudini alimentari di un gruppo di donne veramente ampio, ha documentato con chiarezza non solo la non pericolosità della frutta fresca sulla progressione a diabete, ma addirittura, su persone sane, un effetto preventivo (Muraki I. et al., BMJ, 2013 Aug 28; 347:f5001, "Fruit consumption and risk of type 2 diabetes: results from three prospective longitudinal cohort studies"). Nello studio di Muraki si è evidenziato da un lato come il consumo di frutta protegga dalla progressione a diabete (mentre in tutti i centri di diabetologia si sostiene ancora il contrario!), dall'altro è stata stilata una sorta di classifica tra i frutti che maggiormente proteggevano, scoprendo cose curiose.
Il più protettivo in assoluto era il mirtillo, seguito dalle susine e (dato alquanto sorprendente) dall'uva! Uno dei frutti più dolci, insomma, proteggeva dalla progressione a diabete. Qualcuno si sarà forse stupito di trovare al quinto posto la tanto vituperata banana. Noi no, visto che il carico glicemico dei frutti in genere è bassissimo a causa dell'altissima quantità di acqua che contengono (dall'85 al 99%), e a dimostrazione del fatto che altri fattori protettivi, come per esempio i polifenoli contenuti nei frutti viola, possono essere talmente protettivi da "ribaltare la classifica" prevista dal pur corretto calcolo del carico glicemico. I carboidrati più pericolosi dunque non sono necessariamente quelli su cui i medici ci hanno messo in guardia per anni. Il pericolo nasce dalla capacità dell'alimento "in toto" di innalzare la glicemia, e quindi da un insieme di fattori i più importanti dei quali sono il reale carico glicemico della porzione (cioè, semplificando, quanti carboidrati contiene) e quanto rapido è il passaggio nel sangue di questi carboidrati (indice). L'indice è a sua volta influenzabile da fattori quali la presenza di grassi o proteine esterni all'alimento, la maggiore o minore cottura, l'integralità, la macinazione a pietra, l'invecchiamento (per esempio del pane), la masticazione lenta o veloce, un'eventuale disbiosi intestinale ecc. Tutti fattori di cui terremo conto nelle pagine a seguire, perché ottenere un passaggio lento degli zuccheri nel sangue è la prima regola che ci consentirà di prevenire e curare il diabete.

Ma i dati sull'innocuità della frutta sono diffusi da molti altri studi. Tra questi lo studio EPIC, effettuato per sei anni su mezzo milione di persone in 10 diversi paesi europei (Leenders M. et al., Am J Epidemiol, 2013 Aug 15; 178(4):590-602, "Fruit and vegetable consumption and mortality: European prospective investigation into cancer and nutrition") che correla il consumo di frutta e verdura a un minor rischio di mortalità per tutte le cause. E d'altra parte era stato già ben dimostrato che la restrizione della frutta nel diabete 2 non riduce in alcun modo i valori dell'emoglobina glicata, né migliora altri parametri legati al dimagrimento (Christensen A.S. et al., Nutr J., 2013 Mar 5; 12:29, "Effect of fruit restriction on glycemic control in patients with type 2 diabetes-a randomized trial"). E allora perché tutto questo accanimento? Il trucco c'è ma non si vede. Se dico che gli zuccheri contenuti in tre arance sono pari a quelli di una bevanda gassata zuccherata, sto in un certo senso "sdoganando" il consumo di quella bevanda. Chi può mangiare tre arance può quindi anche bersi una lattina di bibita gassata senza problemi. La scienza, per fortuna, ci dice che le cose non stanno così. Quando i media si decideranno a raccontarlo anche al grande pubblico?


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