Quando morire?

Bioetica e diritto nel dibattito sull'eutanasia

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Quando morire?  Autori Vari   Fondazione Lanza
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Quando morire? L’ultima provocazione è venuta dalle Corti Americane. Prima la Corte d’Appello della California poi, ad un mese di distanza - aprile 1996 - la sentenza della Corte d’ Appello di New York: entrambe escludono che lo stato possa impedire al cittadino di decidere se, come e quando morire. Queste recenti sentenze vanno ad aggiungersi a pratiche che in altri contesti culturali e attraverso specifiche strategie tendono ormai a consolidarsi: l’affermazione di un vero e proprio diritto costituzionale al suicidio assistito nei territori del Nord dell’Australia; la depenalizzazione, in Olanda, dell’intervento del medico che, a determinate condizioni, ponga fine alla vita del paziente.
Diverse strategie e comunque lo stesso riferimento ispiratore: il diritto a morire con dignità.
Di fronte agli evidenti risvolti che oggi disumanizzano il morire, la rivendicazione del diritto a morire con dignità trova un consenso morale unanime se orientato alla necessità di alleviare la sofferenza devastante che accompagna certe fasi terminali o se intesa a giustificare il rifiuto di trattamenti che assicurano la sopravvivenza ma a condizioni inaccettabili. Il consenso viene meno quando il diritto ad una morte degna si voglia, da una parte, giustificare moralmente l’intervento medico che, su richiesta del paziente, ponga termine intenzionalmente e attivamente alla sua vita e, dall’altro, dare riconoscimento giuridico a tale diritto.
Raccogliendo il materiale prodotto nella Terza Giornata di Studio sulla Bioetica in Italia organizzata dalla Fondazione Lanza, il libro intende dare voce alle posizioni più significative emerse a riguardo dell’eutanasia con particolare riferimento al modello olandese. Il confronto, sullo sfondo della più generale questione del rapporto tra morale e diritto in bioetica si articola attorno ai seguenti interrogativi: Come valutare l’enfasi posta sul diritto all’autodeterminazione nel momento in cui la capacità decisionale del paziente si trova fortemente  indebolita? Di fronte al prolungamento che sempre più assume il morire, qual è il diritto in questione: il diritto a decidere autonomamente  della propria morte o piuttosto il diritto ad essere assistiti e accuditi senza sentirsi di peso e senza vergognarsene? Introdurre la legittimazione di un diritto ad essere aiutati a morire non porterebbe inevitabilmente ad una generale colpevolizzazione di chi è vecchio, malato cronico, in vario modo fisicamente menomato e in tutto dipendente dagli altri?


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