Osteoporosi - Estratto di 'Osteoporosi senza medicine' di Paolo Giordo

L'osteoporosi consiste nella progressiva riduzione della massa ossea e del suo contenuto minerale.
Vari fattori di carattere fisico, funzionale e ormonale sono responsabili della comparsa dell'osteoporosi e una delle sue conseguenze principali è la predisposizione a rotture a livello della struttura scheletrica.
Ogni anno, in Italia, si registrano circa 70.000 fratture la cui origine può essere verosimilmente correlata all'osteoporosi. Essa determina, tra le altre cose, un notevole aumento della spesa sanitaria a causa dell'ospedalizzazione, della riabilitazione e degli eventuali e frequenti postumi invalidanti determinati da questa disfunzione. L'osteoporosi, con le sue complicazioni, arriva a uccidere più donne di quanto facciano i tumori dell'ovaio e dell'utero messi insieme.
Più del 20% delle donne di età avanzata che hanno subito una frattura importante muore per varie complicazioni nei sei mesi successivi all'evento traumatico.
L'osteoporosi è abitualmente associata alla menopausa e all'invecchiamento del corpo e quindi, anche, dello scheletro osseo.
L'invecchiamento è legato all'aumento della vita media e la medicina allopatica prova a contrastarlo attraverso svariati farmaci chimici che, a fronte di un lieve aumento della densità ossea, possiedono numerosi effetti collaterali.
La menopausa è considerata, dal sapere medico convenzionale, una malattia provocata dalla carenza di estrogeni e, per curarla, è proposto il trattamento ormonale sostitutivo. Anche l'osteoporosi è classificata come una patologia causata da mancanza, in questo caso di calcio; questo approccio, che ignora una visione olistica dell'individuo, si basa sull'idea che sia necessario sostituire ciò che manca. Un punto di vista giudicato positivamente da quell'industria farmaceutica che produce le medicine utilizzate per integrare e colmare ciò di cui saremmo carenti.
Nelle donne la diminuzione della produzione di ormoni sessuali femminili – gli estrogeni – che coincide con la menopausa, si accompagna, negli anni, a una perdita di massa ossea che può raggiungere il 15%.
Nel periodo post-menopausale il corpo riduce la generazione di estrogeni e ciò causa l'indebolimento delle trabecole ossee, cioè quelle piccole lamelle che si dispongono nelle direzioni di forza all'interno delle ossa. Questo processo avviene tra i 50 e i 70 anni.
Un'altra forma di osteoporosi è quella senile, legata all'invecchiamento fisiologico dello scheletro. Essa colpisce entrambi i sessi ma in modo più consistente quello femminile, già debilitato dalla situazione ormonale della menopausa, che predispone maggiormente alle fratture in quanto indebolisce, oltre alla parte trasecolare, anche la corticale dell'osso.
Si calcola che il 14% degli uomini sopra i 60 anni e il 23% di donne sopra i 40 anni siano affetti da osteoporosi.
L'osteoporosi nasconde numerose insidie. È difficile da diagnosticare e nella maggior parte dei casi viene riconosciuta in seguito a una frattura. Pochi indizi clinici conducono al sospetto di osteoporosi come, ad esempio, la diminuzione dell'altezza o i dolori al rachide se qualche vertebra sta collassando. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), a causa della grande, epidemica diffusione dell'osteoporosi, ha tentato di proporre delle linee guida che aiutino a identificare, il più precocemente possibile, la condizione di osteopenia o di osteoporosi. Ma gli ‘screening' di massa richiedono consistenti investimenti economici e si sta valutando se i risultati ottenuti siano tali da giustificare gli alti costi.
Invece di dedicarsi esclusivamente alle moderne ‘indagini di massa', sarebbe utile agire su uno degli aspetti più importanti e trascurati: lo stile di vita. Si calcola che un numero crescente di giovani tra i 25-30 anni non hanno raggiunto, o non raggiungeranno mai, il picco di massa ossea (cioè la massima densità ossea che si tocca poco dopo i 25 anni, la quale permette di affrontare meglio la seconda metà della vita) a causa di comportamenti poco salutari. Il continuo consumo di 'cibo spazzatura', di bevande gassate e zuccherate, il 'bivacco' davanti alla TV o al computer sono tra i responsabili della tendenza all'indebolimento della struttura ossea in età adulta.
L'assenza di abitudini alimentari salutari e di attività all'aria aperta sono indicate tra le cause principali dell'osteoporosi e di molte altre condizioni patologiche moderne femminili e maschili. Le indagini di massa si limitano a certificare la presenza di questa malattia mentre è trascurata la prevenzione, una delle principali rimozioni alla base della medicina occidentale.
Ma l'osteoporosi è veramente una malattia? E soprattutto, è una malattia da carenza di calcio e di ormoni estrogeni? Vediamo di capire meglio i termini del problema, identificando le molteplici cause e i possibili rimedi.

Un po' di fisiologia
Le ossa rivestono una funzione importante nell'ambito del nostro organismo. All'inizio venne loro riconosciuto esclusivamente il compito di sostenere e di proteggere il corpo; ad esempio la gabbia toracica contiene il cuore e i polmoni, la teca cranica compie la stessa funzione con il cervello. In seguito è stato scoperto che all'interno delle ossa lunghe si svolge un importante processo ad opera del midollo osseo: la formazione dei globuli rossi e bianchi a partire da cellule progenitrici che, maturando, formano elementi cellulari più specializzati.
Più recentemente è stato dimostrato che l'osso è una struttura vivente, anziché statica, soggetta a continui cambiamenti e interagente con le più varie sollecitazioni metaboliche e ormonali. Ma come si manifesta questa vitalità?
Le ossa si compongono di una matrice proteica di tipo prevalentemente collagene, una specie di trama sulla quale si depositano i minerali sotto forma di cristalli di idrossiapatite.
La superficie dell'osso è rivestita dal periostio, una sottile membrana che contiene una rete di vasi sanguigni e nervi, sotto la quale si trova un guscio che include osso di tipo compatto o spugnoso.
La parte strutturale dura, sotto il periostio, è formata da colonne di cellule ossee dette ‘canali di Havers', importanti per la nutrizione, la crescita e la riparazione dell'organo stesso.
L'osso non possiede alcuna sensibilità all'interno ma solo a livello del periostio, dove sono contenute le fibre nervose.
Nell'osso si distingue una parte più esterna e dura, detta corticale, e una parte più interna, detta trasecolare, formata da un insieme armonico di lamelle che si dispongono secondo le linee di carico o di trazione a cui l'osso è sottoposto.
Lo scheletro subisce un continuo processo di rimaneggiamento ad opera, principalmente, di due tipi di cellule: gli osteoblasti e gli osteoclasti.
Gli osteoblasti sono i ‘costruttori', in quanto forniscono la sostanza dura, ricca di fibre collagene, sulla quale si depositano i minerali come il calcio. Gli osteoclasti, invece, sono i ‘disgregatori', contribuendo a distruggere l'osso in alcuni punti e in determinate situazioni funzionali come la crescita, la riparazione delle fratture e il ricambio del tessuto osseo.
Un terzo gruppo di cellule, sicuramente il più numeroso, è rappresentato dagli osteociti, anch'essi preposti al riassorbimento osseo ma con modalità del tutto differenti da quelle degli osteoclasti. Queste cellule, infatti, distruggono il tessuto osseo attraverso un processo molto lento determinato dalla presenza o assenza di stimoli meccanici e non da fattori ormonali.
La salute dell'osso si colloca in questo equilibrio armonico tra costruzione e distruzione, modificandosi secondo le più disparate esigenze fisiologiche o patologiche.
Ma questo bilanciamento apparentemente così semplice è minacciato da una molteplicità di condizioni meccaniche, ormonali, metaboliche, per cui il nostro corpo si trova spesso a far fronte a situazioni particolarmente complesse, senza contare le vere e proprie emergenze.
Quando i processi di distruzione ossea prendono il sopravvento avviene una perdita di minerali, soprattutto di calcio ma non solo; in questo modo si può arrivare a quella condizione nota come osteoporosi.
Ovviamente i processi di costruzione prevalgono nella prima fase della vita, cioè quella della crescita, e raggiungono il loro culmine intorno ai 25 anni (picco di densità ossea). Sino ai 40 anni, o poco oltre, ha luogo un bilanciamento tra le due funzioni, anche se si profila molto lentamente una predominanza dei processi distruttivi che, dopo i 50 anni, accelerano la loro progressione, a causa di svariati fattori che esamineremo.
Sino al 1960 esisteva un paradigma di fisiologia dello scheletro secondo il quale le cellule effettrici (osteoblasti, osteoclasti, osteociti, condroblasti ecc.) determinavano la forza, l'architettura e la salute delle ossa, delle articolazioni, dei legamenti e dei tendini, senza che i fenomeni biomeccanici avessero un ruolo in questi processi.
Studi successivi hanno rivelato che i meccanismi scheletrici a livello tessutale, compresi quelli biomeccanici, svolgono una funzione fondamentale.
Le cellule effettrici sono solo una parte del complesso meccanismo che riguarda il tessuto osseo, come le ruote sono solo una parte dell'automobile (Frost 2000).
I carichi meccanici, che vanno aldilà del peso corporeo e della predisposizione genetica individuale, sono strumenti importantissimi per avviare processi di costruzione ossea. Essi attivano dei segnali che, superata una certa soglia di stimolazione, vengono recepiti dalle cellule ossee che in risposta innescano dei meccanismi di deposizione a livello osseo. Se la soglia non viene superate le cellule percepiscono un messaggio di non utilizzo che genera la tendenza opposta, cioè il riassorbimento osseo.
Le contrazioni muscolari costituiscono la forma principale di stimolazione meccanica. L'esercizio fisico è quindi un elemento centrale della salute dello scheletro. Le contrazioni muscolari innescano un processo di carichi e sollecitazioni funzionali ai meccanismi di rafforzamento.
Recentemente si è affermata l'ipotesi che il rimodellamento osseo sia regolato dal sistema nervoso centrale attraverso un ormone ipotalamico – la leptina – che sembra in grado di modulare sia la deposizione sia il riassorbimento.
La descrizione del sistema nervoso simpatico come regolatore del riassorbimento osseo ha stimolato una serie di studi molto importanti sugli effetti dei farmaci beta-bloccanti sul rischio di frattura (Patel 2007).
Nel metabolismo osseo intervengono due ormoni: il paratormone e la calcitonina. Il primo, prodotto dalle paratiroidi, entra in azione quando si abbassa il livello di calcio e magnesio nel sangue. Per riequilibrare la perdita registrata a livello sanguigno, il paratormone agisce sugli osteoclasti che, disgregando l'osso, fanno aumentare la presenza di calcio nel sangue. Al contrario la calcitonina, prodotta dalla tiroide, è stimolata dalla consistente presenza di calcio e magnesio nel sangue. Essa inibisce gli osteoclasti fermando la perdita di calcio dalle ossa.
Un altro curioso particolare merita di essere menzionato.
Nel 2005 l'articolo di una giornalista americana sul New York Times fece riflettere la comunità scientifica. Gina Kolata scrisse che già dagli anni Trenta del Novecento durante le autopsie gli anatomopatologi trovavano molte cellule di grasso nel midollo osseo (Kolata 2005).
Inizialmente non fu prestata molta attenzione a questa osservazione ma più recentemente gli scienziati hanno scoperto delle cellule staminali nel midollo che possono evolvere in tessuto sia grasso sia osseo, a seconda degli stimoli che ricevono.
Nell'osteoporosi gli spazi vuoti all'interno dell'osso sono spesso riempiti dal tessuto adiposo. Ciò è dovuto ad una serie di fattori che, oltre alla genetica, sono riconducibili al consumo di farmaci, alla sedentarietà, agli scompensi ormonali eccetera.
Concludiamo questo paragrafo occupandoci di un tema molto importante anche per quanto riguarda l'osteoporosi: la condizione di acidità dello stomaco, che nel senso comune è dipinta in termini radicalmente negativi. In realtà gli interventi farmacologici che sono intrapresi per contrastare l'iperacidità dello stomaco possono esporre, a lungo andare, ad effetti che si ripercuotono negativamente sulla struttura scheletrica.
L'ambiente acido nello stomaco è essenziale per stimolare gli enzimi pancreatici che digeriscono le proteine, i grassi e favoriscono il deflusso della bile. Queste funzioni sono necessarie anche per l'assorbimento dei micronutrienti contenuti nei cibi: è inutile mangiare alimenti salutari se la nostra funzione digestiva e assorbente non funziona adeguatamente.
Le persone anziane, nelle quali la secrezione gastrica diminuisce fisiologicamente, vivono spesso una condizione di ipoacidità che però viene scambiata per iperacidità, avendo una sintomatologia simile. Infatti anche una condizione di scarsa acidità gastrica può causare gonfiore, eruttazioni, bruciore di stomaco, nausea e sensazione di pienezza.
È però molto importante non confondere queste due condizioni. La diagnosi di eccessiva acidità determina infatti l'assunzione di antiacidi che influiscono negativamente, sia direttamente che indirettamente, sull'osteoporosi, mentre la diagnosi di scarsa acidità conduce ad un alterato assorbimento dei micronutrienti, con il medesimo risultato finale.
Di fronte a questo tipo di malessere è utile adoperare un semplice metodo empirico: ingerire un cucchiaino di succo di limone e se i sintomi migliorano significa che c'era una condizione di ipoacidità, se invece peggiorano vuol dire che c'era un eccesso di acidità.
Esaminiamo ora i principali fattori che possono causare l'osteoporosi o aggravarne l'evoluzione.

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