Etica per le Professioni. ETICA E DISABILITA'

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Editoriale

Etica e disabilità

DOSSIER

Alla ricerca di un nuovo linguaggio
- di Andrea Martinuzzi
Perché e quando nasce l'esigenza di definire tutti coloro che si caratterizzano per delle condizioni di salute che presentano delle modificazioni? Cosa si intende per handicap, deficit, disabilità, diversa abilità …? Il saggio affronta il difficile tema della definizione della disabilità: un problema lessicale che rinvia in realtà all'evoluzione del modo di concepire e di rapportarsi con quel mondo. Esamina e mette a confronto in particolare i modelli concettuali dei sistemi di definizione funzionali "Nagi" (messo a punto nel 1991 negli USA per l'Institute of Medicine), ICIDH del 1980 (elaborato in Europa e base della prima proposta classificativa OMS in ambito di disabilità) e ICF 2001 (International Classification of Functioning) approvato dall'Assemblea Generale OMS e adottato da 191 paesi.

La diversità è la vera opportunità - di Maria Maddalena Rubaltelli
Per la persona che si trova ad affrontare il "limite" le opportunità, le "capabilities" possono diventare più forti e mature. Questo si realizza se il disabile trova qualcuno che lo aiuti nella scoperta della sua identità e con lui costruisca relazioni privilegiate, se il "limite" viene elaborato e accettato. Una relazione autentica porta il diversamente abile e colui che l'aiuta a scoprire potenzialità e capacità non espresse e suggerire modi diversi di relazionarsi tra le persone.

Verso un'etica della cura e del limite - di Andrea Canevaro
E' possibile elaborare la sofferenza attraverso il linguaggio, attraverso una argomentazione che permetta di collocare il proprio dolore in un contesto di storia personale e sociale. Partendo da questo assunto il saggio tratta dell'etica della conoscenza, intesa come possibilità di creare un'alleanza tra benessere e sofferenza, come riscatto della sofferenza attraverso la conoscenza. Da qui il tema della cura, come "prendersi cura" anche degli aspetti emotivi e cognitivi. E il tema del bisogno per il disabile di conoscere la propria disabilità, non solo in termini esperienziali, ma come conoscenza intellettuale, capace di essere rappresentata, simbolizzata, elaborata culturalmente. Su questa strada si incontrano talune difficoltà: l'intervento si occupa in particolare della collaborazione con i familiari, impegnati a "far dimenticare la disabilità", e dell'etica del limite contro il rischio che si insinui l'idea che la riabilitazione sia onnipotenza.

Aggiornare, non demolire lo stato sociale - di Stefano Spreafichi
L'articolo si propone di fare il punto della situazione sulle politiche di integrazione del disabile intellettivo, a 30 anni circa dall'inizio del loro inserimento nella scuola dell'obbligo, e sulle realtà legate ai percorsi della formazione professionale e dei servizi educativo-assistenziali. Con riferimento alla situazione italiana, di fronte alla realtà del forte squilibrio territoriale nella spesa sociale, specie tra regioni ordinarie e quelle a statuto speciale, nasce l'interrogativo sull'esistenza stessa del federalismo solidale. L'analisi prosegue con la situazione della regione Veneto, dove il ritardo nell'attuazione della legge quadro 328/2000 è sintomatico del momento critico che sta attraversando il mondo della disabilità, alla prese con i problemi della riduzione dello stato sociale, del ruolo che si vuole riconoscere al terzo settore, della fissazione dei livelli essenziali di assistenza, dell'introduzione dei cosiddetti buoni-servizio.

Le diversità dell'Unione Europea - di Riccardo Roncoroni
L'Anno Europeo delle Persone con Disabilità 2003 rappresenta un'opportunità per sensibilizzare l'opinione pubblica sulle tematiche della disabilità, sulla necessità di rimuovere gli ostacoli che i disabili affrontano quotidianamente e di promuovere la piena partecipazione alla vita sociale. L'articolo presenta le linee guida delle politiche dell'Unione europea sulle pari opportunità delle persone con disabilità (risoluzione del Consiglio 20/12/96) e riferisce sul programma d'azione e sulle numerose iniziative della Commissione Europea per combattere le discriminazioni. In particolare esamina il tema della inclusione delle persone con disabilità nel mondo del lavoro e della promozione in tal senso di una cultura d'impresa responsabile in Europa e di una crescita economia sostenibile.


APPLICAZIONI

INSEGNANTE / La relazione d'aiuto è un "obbligo"
- di Dario Ianes

MEDICO / I dilemmi di chi cura disabili gravi - di Emanuele Vignali

ARCHITETTO / Semplicemente progettare "per tutti" - di Giulio Nardone e Matteo Clemente

IMPRENDITORE / Il lavoro: un diritto e un dovere - di Davide Cervellin

SPORT / Disabilità: importante è partecipare - di Fabio Presca

Indicazioni bibliografiche

RUBICHE PER AMBITI PROFESSIONALI

Ambiente / Aree naturali
Parchi protetti, ma accessibili a tutti
- di Luca Antonio Ercolani
Circa il 20% della popolazione europea è costituito da persone a mobilità ridotta. Impegnarsi a migliorare la fruibilità di strutture, percorsi e servizi delle aree naturali protette significa garantire il diritto alla non esclusione da un luogo e quindi attuare il principio costituzionale di eguaglianza e pari dignità e opportunità per ogni persona. L'articolo presenta il progetto "Parchi per tutti: accessibilità e fruibilità per un'utenza ampliata", affidato dal Ministero dell'Ambiente all'associazione ambientale Acli AnniVerdi. Il Progetto ha portato all'emanazione da parte del Ministero di direttive specifiche per rendere fruibili le strutture e i servizi del parchi nazionali.

Formazione / Orientamento professionale
Nuovi compiti per l'educatore-orientatore
- di Giovanni Mascio
Il saggio ripercorre anzitutto le tappe che hanno segnato l'evoluzione degli studi sull'orientamento (dalla fase diagnostico-attitudinale a quella caratteriologico-affettiva, da quella dinamica a quella vocazione a quella, più recente, psicosociale). Secondo l'autore l'orientamento va inteso soprattutto come educazione alle scelte e come prassi qualitativa del sistema educativo-formativo, cioè una "modalità educativa permanente" che implica un sostegno continuo fornito all'individuo per realizzarsi. L'azione orientativa inoltre non è circoscritta ad una fase (primi anni di scuola) ma si protrae per tutto l'arco della vita. L'intervento si occupa anche dell'orientamento delle persone in difficoltà e come servizio nelle transizioni e della necessità di integrare l'azione orientativa con il percorso formativo.

Sanità / Pratica clinica
Malattia e cura: una relazione deliberativa
- di Sara Casati
Per assumere con responsabilità la dimensione etica nella praxis clinica della cura è indispensabile una competenza etica da parte di tutti gli agenti coinvolti, paziente compreso. Competenza che si acquista mediante una formazione continua, come un empowerment, un'acquisizione di capacità, per affrontare i problemi concreti e prendere decisioni liberamente, per autodeterminarsi in contesti dialogici e pluralisti. Partendo da queste convinzioni, il saggio si sofferma sui caratteri della dinamica formativa bioetica, intesa anche come etica pubblica (dato che la salute è bene universale), ed approfondisce il concetto di deliberazione etica.

Sanità / Riabilitazione
Sempre a fianco di chi deve ricominciare
- di Carla Della Vecchia e Maurizio Soldini
L'intervento si occupa della professione del Riabilitatore, che viene paragonato alla figura dell'"angelo custode" del paziente e del suo ruolo nell'ambito della sanità. In particolare vengono indagate le origini storiche di questa professione e vengono ricordate le sue competenze, come attualmente definite dalla legislazione italiana che regola detto profilo professionale e dalle norme deontologiche dello specifico Codice Deontologico. Gli autori si soffermano sui rapporti tra etica e riabilitazione, mettendo in luce l'importanza dei concetti di qualità della vita e di relazione d'aiuto.

Spazio aperto / Nuovo ruolo delle professioni
Servizio o missione professionale?
- di Ivone Cacciavillani


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Quasi il 10 per cento della popolazione europea (circa 38 milioni di persone) soffre di disabilità. Proprio a queste persone l'Unione Europea ha voluto dedicare l'anno 2003, con lo scopo di sensibilizzare l'intera opinione pubblica e riuscire a rimuovere gli ostacoli ambientali e culturali e a promuovere una piena partecipazione sociale. Dalla metà degli anni Sessanta di cammino se n'è fatto, a livello internazionale, nel tentativo di riconoscere i diritti fondamentali e di garantire pari opportunità a coloro che venivano chiamati "handicappati" o "menomati" o "portatori di handicap" o "disabili" o, quantomeno, "non normodotati".
Rimane difficile, a tutt'oggi, trovare censimenti o dati statistici sufficientemente attendibili sul numero delle persone con disabilità; piú difficile ancora appare, nonostante il lavoro dell'Organizzazione Mondiale della Sanità nella Classificazione Internazionale delle Menomazioni, Disabilità e Handicap, trovare unanimità concettuale e lessicale intorno al problema. Ma piú che di un imbarazzo linguistico, si tratta, probabilmente, di un disagio culturale che ancora irretisce gran parte della collettività: la difficoltà di misurarsi con la sofferenza, con il limite, con il diverso.
Eppure, ascoltando narrazioni incredibili di persone incollate da sempre a una sedia a rotelle o rassicurate solo dal fiuto fedele di un cane o dipendenti esclusivamente da eccezionali soluzioni tecnologiche o assistite principalmente dalla dedizione di persone care, non è difficile intuire, anzi capire, che proprio il "limite" ha tutte le potenzialità per diventare opportunità: lo svantaggio può trasformarsi in "capacità". Al contrario, se il limite non viene identificato, accettato, confrontato, elaborato, condiviso si devia nella finzione. Essere persona nella corporeità, di fatto, altro non è che scoprirsi avvolti in un orizzonte di finitudine, di limitatezza, di "disabilità". Essa si esprime in un piú forte desiderio di non-finito, che si trasforma in volontà tenace, che si traduce in richiesta di relazionalità, che si concretizza in una "diversabilità". La sofferenza non è il risultato esclusivo di una inabilità, quanto della solitudine, del senso di impotenza che si prova per non sapersi esprimere.
La conoscenza, dunque, o come direbbe Andrea Canevaro, la "scoperta cognitiva" può riscattare la sofferenza e realizzare un'incredibile alleanza tra benessere e sofferenza. Parlare di "etica della conoscenza" significa affermare che ogni persona, e ancor piú quella disabile, ha bisogno di conoscere la propria disabilità, non solo in termini esperienziali, ma anche intellettuali, simbolici, culturali, sociali. Attraverso questo esigente sentiero di conoscenza - che richiede una elevata capacità relazionale - si perverrà facilmente alla consapevolezza che "curare" non risulterà mai sufficientemente efficace se non si trasformerà in un "prendersi cura", in un'etica della cura. Quest'ultima, poi, non correrà mai il rischio di tramutare la riabilitazione in onnipotenza se accompagnata dall'etica del limite.
È chiaro che, dentro a quest'ottica, non sarà difficile pensare a una "diversa" capacità progettuale. Non si tratterà di apportare modifiche o adattamenti per andare incontro alle esigenze di pochi, ma di rendere eccellente per tutti la qualità della vita. Rendere accessibili e fruibili città e risorse ambientali, venire incontro ai dilemmi delle famiglie che non sono in grado di gestire da sole disabilità gravi, garantire a tutti il diritto e la disponibilità allo studio, al lavoro, allo sport, al turismo è importante, ma non sufficiente se rimarranno quelle barriere culturali che si registrano ancora, anche nella Pubblica Amministrazione, quando ci si accontenta di rispondere invece di proporre, ci si limita a modificare piuttosto che realizzare progettualità globali.
Una società civile dimostra la propria maturità nel momento in cui sa investire nei servizi alla persona, non solo in termini assistenziali ma di co-responsabilità, non solo attraverso vacue operazioni d'immagine ma nella silenziosa laboriosità, non solo in furbesche strategie di "marketing sociale" ma nella gratuità dell'attenzione alla persona. Le persone disabili hanno una voce debole, che può essere soffocata da interventi assistenzialistici che non le tutela, ma "protegge" i normodotati, preoccupati di "far dimenticare la disabilità". Tuttavia, nemmeno negando la "normalità" - ha scritto Pontiggia nel suo Nati due volte - si riesce a spiegare la "diversità". Accettare il limite, proprio o altrui, non vuol dire sottrarsi al dovere di avvicinarsi al bene e alla perfezione, ma accettare che ogni persona, in fondo, a modo suo, sia "diversabile".

I Direttori
Antonio Da Re
Renzo Pegoraro


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