Prefazione al libro 'L'orto senz'acqua' di Jacky Dupety

DOVE SI COMPRENDE CHE IL CIPPATO NON È UNA TECNICA RECENTE
Il cippato di ramaglie fresche (in francese “Bois raméaux fragmentés” o Brf) è oggi un toccasana per le riviste agricole e orticole alla ricerca di novità! Ma è veramente da considerare come una nuova tecnologia?
La risposta è no! Abbiamo ritrovato dei testi del XVIII e XIX secolo che incitano a praticare il sotterramento di rami di bosso nel suolo perché ciò “equivale a dare al terreno tre anni di buona concimazione”! Ed è esattamente ciò che si propone di fare il cippato di ramaglie fresche, con la differenza che le ramaglie oggi sono macinate con più cura. Invece, la comprensione e la teorizzazione dell'agricoltura con il cippato, sono innovative perché prendono in considerazione, meglio di qualunque altra scienza agronomica, la pedogenesi e la vita del suolo! Questo fattore è stato ampiamente trascurato da generazioni di agronomi, la cui miopia ha portato a un impoverimento generalizzato del potenziale agrario del pianeta intero. La desertificazione del suolo non è un fenomeno recente. Sono purtroppo millenni che l'uomo lascia il deserto dietro di sé, e considera il suolo come un supporto produttivo inerte, quando invece è un organismo vivente a tutti gli effetti.
Approfittando di questa incomprensione storica dell'ecosistema agrario, il rullo compressore dell'agricoltura convenzionale non ha fatto altro che accelerare i processi di degradazione dei suoli. Se in Europa le conseguenze di queste pratiche sono minime in rapporto alla vita di un uomo, sotto altri aspetti si rivelano drammatiche.
Le tecniche di produzione occidentali applicate in ambienti semi-aridi o aridi (Africa, Australia) sterilizzano letteralmente i suoli e a volte basta una sola stagione di coltivazione. Si ha legittimamente il diritto di chiedersi quali siano le ragioni che spingono un gran numero di agronomi ad appoggiare un tale sistema di produzione!
Oltre a questo enigma constatiamo fortunatamente che, circa un secolo fa, i precursori dell'agricoltura biologica, hanno gettato le basi per instaurare una nuova relazione con la terra “coltivata”. Ma è per l'uso limitato di mezzi, per carenza “di ambizione”, o perché sono influenzate da una filosofia conviviale, che le tecniche naturali, rispettose del suolo e dell'ambiente, sono state sistematicamente ricondotte a una caricatura e qualificate come arcaiche e retrograde? L'opposto di ciò che sono in realtà.

QUANDO IL CITTADINO FA RESISTENZA
In questo contesto, i lavori del professore Gilles Lemieux, pioniere e teorizzatore dei Brf, teorizzano una vera “rivoluzione verde”. Bisognerebbe incoraggiare queste esperienze con sostegni “politici”, nel senso nobile della parola, vale a dire come scelta di società. Purtroppo gli interessi economici sono tali che la divulgazione massiccia di questi lavori e delle tecniche che illustrano non è ancora all'ordine del giorno. Fortunatamente intervengono altri attori che, come Jacky Dupety, dedicano tempo ed energia alla promozione di queste promettenti tecniche.
Intimamente convinti dei progressi reali, raggiunti attraverso le innovazioni proposte, i cittadini possono tessere una rete di resistenza in grado di scavare sotto le basi del sistema mortifero dominante. Dopo il tempo della lotta contro la natura, considerata maligna, viene finalmente quello tanto atteso della valorizzazione delle sue forze, in armonia con lo sviluppo delle nostre società. Possiamo solo rallegrarci.

UNA STRADA LUNGA E DIFFICILE
Le cose però non sono semplici, la strada del riconoscimento sarà lunga e difficile, gli agguati e gli sgambetti numerosi. La tecnica da sola è poco potente senza un vero impegno dei diversi attori del settore. La filosofia del vivente e della biologia deve imporsi di fronte a quella troppo ben radicata e mortifera della fisica-chimica. L'obiettivo del XXI secolo è proprio questo e non solo in campo agricolo. La soluzione “miracolo” non esiste. Il Brf, come qualsiasi altro metodo, non è una soluzione “già pronta” che possa far fronte ai problemi agrari generati dall'industrializzazione dell'agricoltura. Evidentemente no. I mutamenti climatici in atto mostrano che le condizioni meteorologiche hanno anche loro qualcosa da dire. È soltanto un esempio, un avvertimento. È pericoloso lasciare credere che il cippato sia la panacea per curare l'agricoltura malata. Anche se il cippato è, in molti casi, la soluzione migliore, pur tuttavia ha dei limiti. È importante non sottostimarli, per non correre il rischio di rimanere delusi e di segare il ramo (di cippato) sul quale si è seduti.
Dobbiamo constatare che fino a oggi, le tecniche alla base di Brf pongono almeno tante domande quante sono le risposte che ci danno. Ed è meglio così. Abbiamo la convinzione, senza voler offendere i nostri amici del Quebec e i loro trent'anni di esperienza, di aver percorso solo i primi passi della strada iniziata con la loro scoperta: il cammino della comprensione del vivente è lungo e appassionante. Ponendo le vere domande, possiamo sperare di trovare le buone risposte. Le difficoltà, poi, dovrebbero velocemente svanire, e i progressi saranno tanto più veloci quanto più sincere e profonde saranno le motivazioni dei pionieri di un'agricoltura globale.

RIMETTERE GLI OROLOGI IN ORARIO
Detto ciò, sembra evidente che il cippato di ramaglie fresche sia un materiale promettente, così come appare promettente la tecnica che porta con sé. Promuovendo l'aggradazione della materia organica anziché la sua degradazione e attribuendo alla mineralizzazione (sulla quale poggia l'agricoltura di sintesi) la sua giusta posizione, si rimettono in orario gli orologi agronomici. Non siamo però tutti pronti a fare il passo della dissidenza. Quanti di noi sarebbero oggi pronti a rinnegare il sacrosanto compost? I dibattiti saranno lunghi e animati, non ci sono dubbi.
Il cippato non rimette soltanto in discussione le nostre tecniche, ma sconvolge la nostra filosofia dell'agricoltura, costringendoci a ripensare i rapporti perversi che intratteniamo con la madre Terra.
Inquietante o completamente eretico per alcuni. Geniale per altri, perché consente di riannodare il legame con la vita.
Il tempo dirà chi ha ragione. Nell'attesa, la rivoluzione proposta dal cippato non si ferma, proprio mentre l'agricoltura attraversa una delle sue crisi più gravi. Questo nuovo approccio agronomico mette in luce una speranza, fino a poco tempo fa ancora impensabile: sì, l'agricoltura è capace simultaneamente di produrre energia (anziché consumarne), di autogestire il suo fabbisogno idrico, di essere rispettosa dell'ambiente e produrre cibi di alta qualità. Ecco un bilancio che spinge a interrogarsi e che ci porta ad essere disposti a farci un minimo di violenza. Intellettualmente parlando s'intende. Quindi, lunga vita al cippato!

Bernard Bertrand

Acquista il libro

Torna alla lista degli speciali



CATEGORIE LIBRI