Introduzione al libro 'TU puoi trasformare il tuo mondo' di Carla Picardi

Uno dei miei grandi mentori diceva: «A vent'anni non si sa di non sapere, a trenta si sa di non sapere, a quaranta non si sa di sapere e a cinquanta si sa di sapere ma ormai è troppo tardi!».

Mi ero trasferita da poco a Londra, avevo appena compiuto trent'anni e fu allora che capii di sapere pochissimo del mio ruolo nella realtà che stavo creando, degli effetti che le mie azioni producevano e dei danni che mi lasciavo alle spalle. Non ero pronta ad affrontare il concetto che il mio comportamento fosse la vera causa del mio malessere: quel che vedevo di me non mi lusingava ... e non era che la punta dell'iceberg! Per fortuna, ho avuto l'occasione di conoscere molti insegnanti e maestri di grande valore, di leggere libri e frequentare seminari preziosi, ciascuno dei quali mi ha fornito un elemento delle basi su cui ho potuto costruire la vita straordinariamente piena che vivo oggi.

Se, agli inizi della carriera, avessi letto il libro che oggi avete in mano, avrei impiegato meno tempo per giungere alla consapevolezza che tutto dipendeva da me: ero io, così come ero in ogni momento dell'esistenza, a costruire la mia vita. Questa diversa prospettiva mi avrebbe aiutato ad assumermi la piena responsabilità della mia parte in tutti gli eventi che accadevano intorno a me, risparmiando così dolori e drammi inutili a me e alle persone il cui cammino era legato al mio.

Sono cresciuta in una famiglia di ceto medio, ho frequentato scuole cattoliche, ho praticato sport, sono stata una "cheerleader" al liceo: per molti aspetti, ho avuto una tipica educazione americana. Sono cresciuta con la convinzione che lavoro sodo, buoni risultati, rispetto e tolleranza per gli altri mi avrebbero premiata con il successo. Questo insieme di convincimenti ha funzionato bene finché sono stata una ventenne ambiziosa che bruciava le tappe; arrivata ai trenta, però, mi sono resa conto che incastrare un quadrato in un buco tondo, per quanto sia possibile applicandosi con grande impegno e determinazione, è un compito estremamente faticoso.

Dopo essermi laureata nel 1977, ho lavorato per venticinque anni con ritmi folli per costruire la carriera dei miei sogni come architetto designer progettista, direttrice di impianti, responsabile di progetti e sviluppatrice di progetti immobiliari. Ho contribuito alla realizzazione di alcuni degli edifici e dei luoghi più rilevanti di Londra, che hanno modificato il suo "skyline", cambiato il modo di gestire i complessi urbani di grandi dimensioni e valorizzato la funzione di centro finanziario mondiale della città. Nel contempo, ho viaggiato estesamente in terre esotiche e ho socializzato con persone di tutti i tipi, dai venditori ambulanti ai ministri; ho studiato con anziani maestri, guru, rinomati professori universitari e autori di testi di "self-help", e in tutto questo tempo mi sono nutrita di architettura, arte, design, musica e cultura di ogni genere. Per quanto possa sembrare curioso, ritengo che le mie conquiste principali siano aver raggiunto la coscienza del ruolo che ho negli eventi della mia vita e aver imparato a compiere le scelte che favoriscono i miei sogni.

Una delle conclusioni più profonde a cui sono giunta sia grazie alle mie esperienze sia dirigendo team di persone che collaboravano su progetti complessi e articolati, è che molti di noi hanno un'enorme difficoltà a capire la parte che svolgono negli avvenimenti della propria vita. Più e più volte ho visto gente laboriosa, intelligente, creativa, animata da buone intenzioni (me compresa) rovinare aspetti della propria esistenza soltanto perché non vedeva chiaramente in sé e non riusciva a comprendere come costruiva il proprio mondo nella sua dimensione privata e sociale. Sono convinta che il problema sta di rado nella maniera in cui eseguiamo le attività legate alla nostra sfera lavorativa e personale, quel che definisco il fare; ciò che conta davvero è il nostro essere, chi siamo mentre compiamo tali attività e le scelte che derivano dal nostro modo di essere.

Riconoscere che le nostre decisioni creano la nostra esistenza è un concetto che i più hanno difficoltà a recepire, e capisco che non tutti siano inclini ad un tale livello di autoindagine né siano pronti ad affrontarla. Occorrono un notevole coraggio e una grande disciplina per analizzare il ruolo che abbiamo avuto e continuiamo ad avere nei fatti che avvengono intorno a noi. In genere ciò non accade finché non ci ritroviamo ad affrontare situazioni che risvegliano in noi un inconsolabile e disperato bisogno di cambiamento: l'abbandono apparentemente ingiustificato di un coniuge, la diagnosi di una malattia grave, la perdita del lavoro o la fine di una carriera. Ogni tipo di crisi personale può gettarci in un abisso di disperazione: tocchiamo il fondo – la cosiddetta notte buia dell'anima – e siamo spinti a indagare sulle ragioni del perché siamo giunti a vivere una realtà tanto pesante. Potremmo chiederci cosa abbiamo fatto per meritare quelle conseguenze tragiche, ma troppo spesso in tale ricerca di risposte siamo fuorviati da ombre e illusioni; quindi, nel tentativo di metabolizzare l'avvenimento, inventiamo storie in cui qualcuno o qualcosa veste i panni del cattivo ed è causa della nostra sofferenza.

Alcuni, come me, possono aggrapparsi all'idea di avere ragione (persino quando non ne hanno); altri si lanciano in critiche o si adagiano nella parte della vittima. Sono tutte forme di sofferenza autoinflitta che ci lasciano con un senso di frustrazione e impotenza. Fingiamo di non avere un ruolo in quel che succede attorno a noi e, in questo modo, perdiamo la capacità di comprendere ciò che abbiamo fatto noi stessi per creare la situazione indesiderata. E, cosa ancora più rilevante, sprechiamo la capacità di costruire la vita soddisfacente che desideriamo davvero. Prima o poi, tuttavia, arriva un momento in cui nelle profondità del nostro animo non possiamo più ignorare di essere gli artefici del caos che ci circonda: tale accettazione ci permette di gettare la spugna, di abbracciare la nostra vulnerabilità e dire: "D'accordo, mi arrendo. Ho bisogno di aiuto". Dopo aver capito che siamo noi a creare tutto – il bello, il brutto e il pessimo – e che non siamo vittime del capriccio del destino o di un Dio cattivo e implacabile, possiamo prendere consapevolmente le decisioni che ci sono più utili.

Una volta compresa la parte che avevo nel plasmare gli esiti della mia vita, non ho provato vergogna, frustrazione e neppure scoraggiamento, ma un'autentica sensazione di forza. Benché all'inizio non avessi la piena coscienza di come ciò avveniva, ho finalmente accettato l'idea di avere un ruolo in tal senso, e questo significava che avrei potuto avere un ruolo anche nel creare un qualcosa di diverso. Ho cominciato a rendermi conto del fatto che quanto più ignoravo il mio bisogno di avere ragione e di essere considerata perfetta (due delle mie sfide maggiori), tanto più facilmente e sinceramente accettavo me stessa, gli altri e la realtà – senza aspettative dolorose e irrealistiche, né comportamenti rigidi dettati dal perfezionismo. Nel corso degli anni, ho ottimizzato l'arte della felicità personale, della pace e dell'appagamento; ho appreso concetti semplici ma profondi che mi aiutano ad agire ad un livello più elevato e mi permettono non soltanto di riprendermi la forza, ma di usarla per vivere una vita più piena e gestirla con maggiore acume. Tutto ciò mi ha fatto capire che se sono riuscita a imparare tali abilità, avrei potuto pure insegnarle ad altri.

Il primo e più importante concetto che ho appreso e che vi esporrò in questo libro è la consapevolezza che ciascun rapporto, evento o dramma della nostra vita ci riflette quello che siamo in ogni momento. Le relazioni e le circostanze in cui ci ritroviamo fungono da specchio a figura intera che ci riflette continuamente chi siamo. A volte quello che vediamo ci piace, soprattutto se abbiamo avuto il tempo di metterci in posa, con le spalle diritte, la pancia in dentro, il mento in alto e il sorriso sulle labbra; il più delle volte, però, viviamo con il pilota automatico e ciò che vediamo riflesso non è esattamente soddisfacente. Nelle pagine che seguono approfondiremo questo concetto in maniera molto più dettagliata, ma per ora riflettete su questo: se non cambiamo l'immagine davanti allo specchio, il riflesso che vedremo sarà proprio l'immagine che non ci piace. Siamo noi a creare ogni cosa: la placida bellezza e l'affanno quotidiano. Esse non ci piovono addosso come a povere vittime innocenti; siamo noi a generarli, attimo dopo attimo, con il nostro senso di valore o disvalore, così come i pensieri, le parole e le azioni che ne derivano.

Pensieri, sentimenti, parole e azioni sono energia e ognuno di loro è come un boomerang che lanciamo lontanissimo da noi: magari ce ne dimentichiamo, ma ciò non gli impedisce di tornare indietro e persino di colpirci in testa quando meno ce lo aspettiamo. Nella maggior parte dei casi non ci accorgiamo dei boomerang di energia che scagliamo ogni giorno nell'universo e rimaniamo confusi quando uno di questi torna indietro e ci fa del male; eppure, se fossimo del tutto onesti con noi stessi, ammetteremmo che in realtà siamo stati noi a lanciarlo. Potremmo continuare a non capire l'intensità raggiunta dal risultato finale – gioia o dolore; soddisfazione o frustrazione – ma nel momento in cui siamo disposti a riconoscere la funzione che abbiamo negli eventi della vita, possiamo iniziare a modificare ciò che comunichiamo per ottenere esiti diversi.

Sebbene la teoria alla base di questi concetti sia ormai sostenuta da approfondite ricerche, ho deciso di non scrivere un manuale con decine di note a piè di pagina; alla fine del libro, tuttavia, troverete un elenco di alcuni autori e insegnanti speciali che, con le loro idee, hanno modificato radicalmente la mia visione del mondo. È stata una grande fortuna aver trovato sulla mia strada le persone giuste nell'attimo giusto ed essere riuscita a riconoscerle e a fare buon uso della saggezza che mi hanno dato. Questi incontri significativi sono sempre presenti nella mia vita quotidiana e sono troppi per riferirli qui. Ci sono stati, però, alcuni straordinari connettori ed esperti di mercato, per usare le parole di Malcolm Gladwell, che meritano di essere citati: più di ogni altro, Deepak Chopra ha cambiato la mia percezione della realtà e ha mutato per sempre le mie convinzioni su ciò che si può creare. Autorità mondiale nel campo della guarigione psicofisica, la sua genialità mi colpì profondamente verso la fine degli anni Ottanta.

Incontrai Deepak per la prima volta nel gennaio 1994 al Chopra Center, situato presso L'Auberge Hotel Del Mar a Del Mar, California. A distanza di un anno, lo contattai per valutare la possibilità di collaborare all'apertura di un Chopra Center a New York; dopo molti mesi di analisi e discussioni, decidemmo che i tempi non erano maturi per una sede a New York o Londra. Quando, in seguito, Deepak mi chiese se volessi contribuire a ideare e attuare i progetti per l'edificio che aveva acquistato a La Jolla, California, allo scopo di farne la nuova casa del Chopra Center, io naturalmente accettai; nel periodo in cui lavorai con Deepak, conobbi un'infinità di persone meravigliose e intense, che a loro volta mi presentarono ad altre persone incredibilmente straordinarie e a pensatori brillanti, tra cui Arielle Ford.

Arielle è la donna alla quale si deve l'avvio delle carriere di Deepak Chopra, Jack Canfield, Neale Donald Walsch, Wayne Dyer, Debbie Ford, Marianne Williamson, Louise Hay e don Miguel Ruiz, per ricordarne alcuni. Da allora, Arielle mi ha resa partecipe di un mondo in continua espansione fatto di scoperte e idee nuove frutto dell'ingegno di menti sopraffine, autori e registi di talento, e tutti loro continuano ad ampliare la mia comprensione del cosmo e del posto che occupo al suo interno. Sono state le sagge parole di Arielle, in ultima analisi, ad avermi esortata a scrivere questo libro per raccontare la mia storia, in modo da poter aiutare gli altri a condurre una vita più soddisfacente.

Non va dimenticato che le riflessioni contenute in questo libro non sono la verità, ma la mia verità; sta a voi, naturalmente, decidere fino a che punto vorrete farne uso.
Il mio più profondo augurio per voi è che i concetti esposti in queste pagine sviluppino, migliorino e cambino il corso della vostra vita così come hanno fatto con la mia.

Asolo (Italia), autunno 2011
Carla Picardi

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