Etica per le Professioni. CRISI: SFIDE E NUOVE OPPORTUNITA'

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Editoriale

Crisi: sfide e nuove opportunità

SAGGI

PER UNO SVILUPPO UMANO: legalità, fiducia, cooperazione - intervista ad Amartya Sen
a cura di Germano Bertin
La crisi economica è un “fallimento filosofico”, dovuta alla scarsa moralità, all’elusione del controllo governativo dell’economia, all’abuso di prodotti finanziari derivati ed aggravata dalla diminuzione della fiducia dei consumatori; sullo sfondo, la mancanza di equilibrio tra le ragioni del mercato e le ragioni delle “istituzioni non di mercato”, dal welfare alla cooperazione internazionale. In questi termini il Nobel dell’economia Amartya Sen ribadisce in questa intervista concessa alla nostra rivista la sua interpretazione della crisi. Ed invoca soluzioni realmente lungimiranti e globali, perché questa crisi globale dischiude l’opportunità di reimpostare politiche trascurate in tema di ambiente, salute, povertà. Anziché attardarsi a discutere di “nuovo capitalismo”, è preferibile comprendere meglio idee antiche: il ruolo della fiducia reciproca nel meccanismo del mercato, anzitutto, e poi la necessità di una cooperazione globale.

La crisi non è una parentesi per tornare alle cattive abitudini - di Paul Valadier
La crisi finanziaria ed economica interroga anche il moralista, che propone le sue riflessioni a partire dai principi etici implicati. In primo luogo, mal celata dietro la tecnicità  sofisticata e falsamente neutra degli strumenti finanziari inventati, c’è una caduta verticale della fiducia, del “dar credito” a qualcuno. Si scorgono i frutti di uno scientismo dominante, “malattia” che ha colpito molti, magari tecnicamente preparati ma sprovvisti di formazione sul piano antropologico ed etico. La questione che si pone per uscire dalla crisi non è come riguadagnare soldi, ma come meritarsi nuova fiducia, esercitando una pratica di “prudenza” e acquistando una consapevolezza dei propri limiti.

CONSUMARE: risorsa e virtú, se è socialmente responsabile - di Stefano Zamagni
Con la globalizzazione si è affermata la financialization della società: l’attività finanziaria ha cambiato natura, modificando il sistema dei valori delle persone. La crisi finanziaria è il punto di arrivo di questo processo, che ha visto anche un mutamento nel rapporto tra finanza e produzione di beni. La finanziarizzazione dell’economia ha sostituito alle relazioni intersoggettive transazioni impersonali, alla fiducia la liquidità dei mercati finanziari, inducendo il risparmiatore a trasformarsi in speculatore. Si è acuita la disuguaglianza nella distribuzione dei redditi, accompagnata da una volatilità dei rapporti di lavoro. Infine, a livello popolare l’ethos dell’efficienza è divenuto criterio primario di giustificazione della realtà economica. La via di uscita dalla crisi passa attraverso la riconquista, da parte di una attività finanziaria rivolta al progresso della società, del primato dell’etica della virtù sull’etica utilitaristica e la sostituzione dei canoni dello scientific management con quelli dello humanistic management, il cui elemento centrale è la persona umana.

RENDER(SI) CONTO: l’etica è un processo, non un prodotto - di Giuseppe De Rita, Giulio De Rita
L’etica non è un prodotto, tuttavia essa è chiamata dagli interrogativi che la realtà pone a dare risposte in grado di migliorare il vivere sociale. L’etica deve essere in relazione ad occorrenze reali, colmando un vuoto: in tal senso si comporta come un prodotto nei confronti del mercato. A tale “bisogno” di etica però la scienza Etica non ha potuto rispondere, perché non ha saputo dialogare con l’individualismo, non procurandogli strumenti per una sana crescita. La sfida che l’etica deve porsi, quindi, consiste nel convincere l’individualismo a “crescere” nella direzione in cui l’autonomia diventa responsabilità. L’etica diventa così una disciplina che insegna a “dare conto”, la ricerca di senso diventa una ricerca di direzione, e il dare conto diventa la capacità di fare costantemente il punto sulla propria posizione, senza mai prescindere dal confronto con gli altri.

Sobrietà “scelta“ per una civiltà nuova ed ecostenibile - di Serge Latouche
L’attuale crisi del “turbo capitalismo” è in realtà una crisi di civiltà ed in tal senso potrebbe anche rivelarsi una “buona notizia”: gli obiettori di crescita, infatti, sostengono che da essa può nascere un nuovo modello di società basato su un “programma di decrescita”. Qualora, infatti, la decrescita (concetto molto diverso dalla crescita negativa attualmente in corso) venga scelta, e non subita, essa è in grado di farci rompere con la “religione” dello sviluppo, che ci ha portato alla attuale crisi. Una società di sobrietà scelta, quella proposta dal movimento degli obiettori di crescita, presupporrà di lavorare meno per vivere meglio, di consumare meno, ma meglio, di produrre meno rifiuti, di riciclare di più. In breve, di ritrovare il senso della misura e un’impronta ecologica sostenibile.

CONVERSIONE
ECOLOGICA: piú ambiente, piú benessere - di Guido Viale
Ciascuno di noi si trova ormai, insieme al mondo intero, di fronte ad un bivio: se non vogliamo che il pianeta precipiti in un caos ambientale, destinato a tradursi anche in una catastrofe sociale, occorre imboccare la strada di una conversione ecologica: è nei nostri comportamenti, nella capacità di creare un contesto favorevole a una vita meno dipendente dallo spreco di risorse, che possiamo trovare le condizioni per una azione politica che persegua obiettivi realistici di trasformazione della società. Pace, rifiuto dei “razzismi” e difesa dei “beni comuni” diventano precondizioni ineludibili, al fine di favorire il passaggio da un consumo di tipo individuale ad un consumo “condiviso”, ovvero una modalità organizzata di fruizione di beni e servizi gestiti come beni comuni, basati su una minore aggressione alle risorse dell’ambiente e decisi congiuntamente attraverso processi negoziali.



APPLICAZIONI per ambiti professionali

Imprenditore
Investimento, non "voce di spesa": l'etica è un valore, anche economico
- di Guidalberto Guidi

Manager
Flessibilità e creatività: cambiare promuovendo qualità e coinvolgimento
- di Natasha F. Pulitzer

Consulente d'azienda
Mettere sulla strada giusta: le "soluzioni facili" non pagano
- di Giuseppe Bruni e Francesco Bettella

Bancario
Interessi coincidenti. Il "modello etico" conviene alla banca e al cliente
- di Pier Luigi Ledda

Indicazioni bibliografiche

RUBICHE PER AMBITI PROFESSIONALI

AMBIENTE • Cambiamento climatico e diritti umani
ATTENTI AL CLIMA per promuovere i diritti dell’uomo
- di Wolfgang SACHS
I gravi problemi tecnici che stanno dinanzi ai rappresentanti dei paesi coinvolti nei negoziati per il controllo delle emissioni climalteranti sottendono in effetti alcuni gravi problemi etico-politici, che coinvolgono gli stessi diritti umani . Il riscaldamento globale, infatti, rischia di intaccare il di ritto all’alimentazione, all’acqua, all’alloggio ed alla salute di milioni persone. Occorre quindi di elaborare una nuova concezione della responsabilità politica, che vada aldilà della tradizionale distinzione tra diritti perfetti ed imperfetti e della stessa nozione di territorialità. L’orizzonte è quello della costruzione di una politica che combini adattamento e mitigazione in vista di garanire effettivamente i diritti delle persone.

Formazione • Scuola di qualità
La qualità inquietante. Una scuola “forte“, non “potente“
- di Michele Visentin
Nel dibattito sulla qualità dei sistemi formativi si registra uno sforzo di affiancare i criteri economico-efficientisti con quelli psicopedagogici e relazionali. Secondo l’autore, si procede verso una Qualità “integrata”, ove organizzazione, etica, sicurezza, ambiente sono contenitore e contenuto della qualità educativa. La comunità scolastica può recuperare autorità morale se sa essere Forte, non Potente,  capace di stabilire connessioni emotive ed affettive, costruire legami per allenare a pensare e abitare il presente e il futuro. L’intervento si sofferma quindi sugli indicatori di diversa natura (utilizzando la metafora della relazione tra gli emisferi destro e sinistro della nostra mente) capaci di misurare la performance dell’Istituzione scolastica.

Bioetica • Trapianto di organi
Il dono degli organi risponde a principi di libertà e solidarietà
- di Roberto Fostini, Laura Simioni
L’elaborato si prefigge l’obiettivo di inquadrare il tema alla luce degli aspetti legislativo, relazionale, deontologico ed etico soffermandosi, alla fine,  sulla visione che le religioni più diffuse hanno in proposito. Gli orientamenti normativi sono nel nostro Paese fortemente improntati a principi di libertà, responsabilità e solidarietà. Temi etici quali beneficialità/non maleficità, giustizia ed autonomia sono tutti “declinabili” nelle problematiche  del prelievo e del trapianto di organi e tessuti. I codici deontologici delle professioni sanitarie vedono, a loro volta, la significativa evoluzione dal semplice richiamo al rispetto delle norme al forte incoraggiamento ai professionisti affinché si facciano promotori, anche presso l’opinione pubblica, della cultura dei trapianti. Gli aspetti relazionali, di necessità, privilegiano  stili di relazione “empatici”, caratterizzati dal rispetto e dal riconoscimento della dignità dei familiari del potenziale donatore.
prelevate da feti risultanti da aborti spontanei.

Spazio aperto / Vita e persona: la prospettiva giuridica
La vita è un "datum": i diritti e i doveri vengono dopo
- di Ivone Cacciavillani


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Da quando la crisi mondiale in atto è venuta alla luce in tutta la sua portata si è fatta presente, seppure timidamente tra tanti altri interrogativi, una domanda provocatoria: la crisi che stiamo attraversando può essere affrontata come una opportunità, anzi, di più, come l'occasione favorevole per imprimere una direzione diversa alla vita di ciascuno e a quella sociale?
Non sono mancati, a questo proposito, sostenitori, anche autorevoli, esplicitamente impegnati ad avvalorare tale domanda controcorrente. "L'attuale crisi economica globale va vista anche come un banco di prova: siamo pronti a leggerla, nella sua complessità, quale sfida per il futuro e non solo come un'emergenza a cui dare risposte di corto respiro? Siamo disposti a fare insieme una revisione profonda del modello di sviluppo dominante, per correggerlo in modo concertato e lungimirante? Lo esigono, in realtà, più ancora che le difficoltà finanziarie immediate, lo stato di salute ecologica del pianeta e, soprattutto, la crisi culturale e morale, i cui sintomi da tempo sono evidenti in ogni parte del mondo". Proprio così, infatti, si interrogava pubblicamente Benedetto XVI all'inizio dell'anno.
Per contro, l'impressione che sta guadagnando le coscienze in queste ultime settimane si attesta invece sul versante del "ritorno al sistema di prima". Per molti l'idea di uscire dalla crisi viene a coincidere con il ripristino di quanto si faceva prima, dimenticando che proprio ciò a generato al crisi stessa. Si sta affermando la propensione ad aggirare il banco di prova della crisi, preferendo risposte di corto respiro. E tutto ciò appare ancor più vero se il presidente Obama a metà settembre, intervenendo a Wall Street, ha affermato che se anche ci fosse "qualcuno nell'industria finanziaria che sta ignorando la lezione del "Crack Lehman Brothers", (...) non torneremo ai giorni dei comportamenti irresponsabili e degli eccessi incontrollati". A fronte di questa tendenza, diviene ancora più opportuno e più urgente mantenere aperta la domanda iniziale e argomentare in merito alla crisi come occasione di discernimento e di nuova progettualità, che richiedono, invece, nuovi sforzi di comprensione unitaria e "una nuova sintesi umanistica".
Il lettore, nelle pagine che seguono, troverà elementi per questo discernimento e per la nuova sintesi attesa. Da osservatori diversi, seppure tra loro complementari, egli può trovare elementi - è il nostro obiettivo - per andare oltre la superficie e la schiuma che già in questi mesi si è addensata sulla crisi stessa, fino a renderla quasi inintelligibile. In questo momento, riteniamo che siano necessarie solo letture schiette, animate da sincera franchezza, attente ad evitare giri e pregiudizi ideologici, perché di fronte alle dimensioni di una crisi che ci vede tutti coinvolti, è bene evitare affermazioni o posizioni ingannevoli o fuorvianti.
Una tale franchezza, scomoda e talvolta spietata, è motivata proprio, e unicamente, dalla ricerca del "bene comune" - termine ultimamente tanto inflazionato e insieme estenuato -, che si mostra come l'unico orizzonte capace di rigenerare fiducia, responsabilità, cooperazione e promozione delle persone. In altre parole, a sostenere questo discernimento, vi è una sincera preoccupazione per l'uomo, per il destino dell'umanità, per i beni comuni del creato, per una giustizia sociale effettiva, per una umanità che si vorrebbe vedere orientata verso altri fini, altre mete, altri scopi, con altri metodi e altri stili di vita.
L'orientamento complessivo che si viene a profilare dalle pagine di questo dossier è essenzialmente questo: dalla crisi si può uscire, se cambiati, se rinnovati. Innanzitutto, occorre ritrovare il senso della misura e una forma di vita sostenibile e responsabile, anche oltre i confini del proprio io. L'economia va rimessa al suo posto: un'economia perfetta, dove individui razionali interagiscono in mercati perfetti, non esiste. Ma l'economia deve rinascere su basi nuove: sarà più umana e meno affascinante, direbbe Paul Robin Krugman, premio Nobel per l'economia nel 2008. La felicità va ricercata nella convivialità piuttosto che nell'accumulazione avida e nella consumazione frenetica. Tutto ciò implica "una seria decolonizzazione dei nostri immaginari", non più impossibile, poiché la crisi stessa può veramente creare le condizioni per un nuovo orizzonte antropologico e sociale.
In questa prospettiva diventa evidente che la sollecitudine etica condivisa risiede nell'intreccio tra la dimensione personale e la dimensione strutturale o sistemica. Si deve intervenire in maniera dialettica su entrambi i fronti: nessuno dei due da solo è sufficiente per uscire cambiati dalla crisi. L'etica professionale declinata come "render-si conto" e "rendere conto" va composta assieme all'etica del sistema (economico, finanziario, bancario, commerciale ...), impegnata a investire volontariamente nella messa in valore della persona, del lavoro, della qualità della vita, di uno sviluppo sostenibile e di un consumatore socialmente responsabile. Non sappiamo ancora se questa sfida sarà raccolta, ma siamo spinti ad avere "fiducia" che lo sarà, in primo luogo a cominciare da noi stessi, dalla nostra professione e ... per il nostro ambiente di vita.

Il Direttore
Lorenzo Biagi


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