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Editoriale

Etica e informazione

DOSSIER

La deontologia non è sufficiente
- di Marco Deriu
La crescente rilevanza dei media nella vita sociale ha provocato, in questi anni, un risveglio della coscienza deontologica e della sensibilità etica, spesso però condizionate dal contrasto tra responsabilità personale dei comunicatori ed esigenze del sistema mediatico. L'intervento si propone anzitutto di recuperare il fondamento filosofico ed antropologico di un'etica dei media, individuando alcuni paradigmi concettuali nelle antiche radici del pensiero e in alcune più recenti applicazioni. Propone poi una riflessione sulle condizioni dell'agire comunicativo a partire dalla separazione concettuale tra informazione e riflessione. Delinea quindi le prospettive teoriche verso le quali si è sviluppata l'etica (applicata) della comunicazione, soffermandosi sull'etica dei media, intesa quest'ultima come un settore particolare di declinazione specifica della prima. L'autore dedica attenzione anche a un approccio al problema etico dei media di tipo semiopragmatico (etica dell'emittenza, della ricezione, del testo comunicativo, delle teorie sulle comunicazioni) e alle conseguenze indotte dalla globalizzazione.

Non basta trasmettere notizie - di Franco Jori
Ogni giorno nelle redazioni dei mass media arrivano migliaia di notizie e solo una minima parte di esse viene pubblicata. E' fondamentale chiedersi quali meccanismi governano la scelta e perché cade il silenzio su gran parte delle notizie; e, analogamente, come si forma la "gerarchia" delle notizie. A partire da questi interrogativi, l'autore indaga sul ruolo rivestito dalle strategie editoriali e dai calcoli economici, alla luce anche della considerazione che il sistema dei media sembra provocare un annebbiamento del senso critico e una omologazione dei comportamenti e puntare al consumatore acritico piuttosto che al cittadino partecipe. Il tema porta alla figura del giornalista, alla deontologia professionale e all'etica dell'informazione.

L'efficacia assicurata dal rispetto
- di Maurizio Corte
L'era del digitale, con i suoi sviluppi comunicativi strabilianti, rende ancora più complesso e delicato il ruolo degli operatori dell'informazione e porta a una più attenta riflessione sulle implicazioni valoriali ed etiche che il lavoro informativo comporta. Prima di entrare nel vivo di tale tema, l'articolo premette una ricognizione sulle parti costitutive del processo informativo e colloca quest'ultimo nell'odierno quadro socio-culturale. Evidenzia in particolare i rischi legati alla produzione della notizia (la scelta dei fatti da raccontare, la riduzione della complessità che può generare una sua distorsione, un fraintendimento sulle richieste di conoscenza che provengono dal pubblico ecc.). I limiti del sistema dell'informazione richiedono una serie di interventi a livello di organizzazione della redazione, di formazione culturale e professionale degli operatori e di etica del giornalismo. Accanto a ciò, esiste la necessità di un pubblico critico, capace di leggere in modo attivo i prodotti dell'informazione e quindi in grado di difendersi dai condizionamenti dei media.

La "TV verità" e il modello tabloid - di Anna Pozzi
Il saggio propone una attenta disamina del mezzo televisivo, il quale, come e ancor più degli altri media, da semplice veicolo di informazioni è divenuto un vero e proprio "ambiente" che ci circonda e ci avvolge, capace di incidere fortemente sul contesto antropologico e relazionale. L'autore affronta alcuni temi tipici della massmediologia, come ad esempio la capacità del mezzo televisivo di "costruire la realtà", giocando sulle emozioni e condannando all'oblio informativo i fatti privi di immagini. Ricorda le conseguenze portate dalla nascita della neo-televisione, caratterizzata dalla contaminazione di tutti i generi televisivi dalla tonalità dell'intrattenimento, ivi compresa l'informazione spettacolarizzata di tipo politico (infotainment). Sposta infine la riflessione sulla rapida diffusione dei reality show, i quali rendono incerti i confini tra fiction e realtà e tra pubblico e privato. Le conclusioni evidenziano l'importanza di un'etica e di una coscienza professionale nell'informazione accanto alla promozione nel cittadino di un atteggiamento attivo e critico nell'informarsi.

Un servizio sotto gli ochi di tutti - di Maurizio Paglialunga
L'autore, che presiede l'Ordine dei Giornalisti della regione Veneto, si interroga proprio sulle ragioni della sopravvivenza dell'Ordine dei Giornalisti, realtà unica nel mondo occidentale. In effetti, solo se capace di fornire una formazione adeguata e un aggiornamento continuo, nonché di attuare una vigilanza sul rispetto della deontologia, l'Ordine ha ancora un senso e la sua azione, in assenza di valide soluzioni alternative, è giustificata. In questo contesto si situano anche le problematiche della revisione della legislazione istitutiva dell'Ordine, che risale al 1963, dei rapporti non sempre facili con gli editori, dei rischi connessi alla precarizzazione della categoria. In particolare modo, si sottolinea la necessità che l'Ordine professionale esca da una logica autoreferenziale di mera tutela dei propri iscritti e ponga invece al centro della propria attenzione il diritto dei cittadini ad essere correttamente informati.


APPLICAZIONI

Il giornalista radiotelevisivo
Alla ricerca di un nuovo identikit
- di Carmen lasorella

Il giornalista on line
www.cercasi parole reali in mondi virtuali
- di Valentina Pellizzer

L'agenzia d'informazione
Credibili se mediatori di verità
- di Sergio Lepri

Il giornalista inviato
Diritto-dovere di cronaca: ad ogni costo?
- di Franco Di Mare

Indicazioni bibliografiche

RUBICHE PER AMBITI PROFESSIONALI

Ambiente / Degrado forestale
Far "crescere" un mercato responsabile
- di Davide Pettenella
L'articolo si occupa del tema della riduzione delle foreste, uno dei problemi ambientali più gravi, rispetto al quale tuttavia va segnalato un certo ritardo nell'assunzione di impegni internazionali per rallentarlo. Le cause sono di natura commerciale, ma non solo; lo sfruttamento illegale delle foreste è spesso strettamente legato alla corruzione e alla criminalità. A livello internazionale sono state delineate due strategie di intervento: da un lato, la messa a punto di meccanismi normativi e sanzionatori, nell'ottica di un miglioramento della law enforcement. Dall'altro, gli interventi di governance, realizzati con strumenti in grado di incentivare i comportamenti legali (tra questi, di particolare importanza l'iniziativa Forest Law Enforcement, Governance and Trad della Commissione Europea). Significative sono pure le iniziative relative all'introduzione di codici etici di comportamento delle imprese, alla diffusione di politiche responsabili degli acquisti e all'utilizzo di certificazioni di provenienza del legname da foreste gestite in modo sostenibile.

Economia / Responsabilità sociale d'impresa
Mutualità, solidarietà e giustizia
- di Carmine De Angelis

Formazione / Scuola e famiglia
Biografie in cerca d'incontro
- di Riccardo Tuggia
Il rapporto tra scuola e famiglia, che si traduce nel rapporto tra genitori e insegnanti, è considerato strategico, sia dal punto di vista della gestione della scuola, sia dal punto di vista psicopedagogico. Gli insegnanti si trovano tuttavia spessi impreparati di fronte a nuove modalità di approcciarsi alla scuola da parte dei genitori. L'intervento mette in luce i temi fondamentali della comunicazione scuola-famiglia. Presenta quindi alcune antinomie dei vissuti familiari che si riverberano in questa relazione ((accettazione-rifiuto, persecuzione-giustificazione, vittimismo-protagonismo). Offre, infine, nell'ottica di una riscoperta della professionalità docente rivolta anche alle famiglie, alcune possibili pratiche virtuose che allentino la tensione e perseguano il benessere nelle relazione tra i soggetti protagonisti dell'incontro.

Sanità / Umanizzare la medicina
Il vero farmaco è il medico stesso
- di Fabrizio Turoldo
I dibattiti bioetici contemporanei tendono a dare troppo spazio al problema dell'eutanasia (quando morire) e meno al tema dell'accompagnamento del morente (come morire). Questo accade in un contesto culturale che ha rimosso e privatizzato l'evento morte, spogliandolo di significati condivisi. L'articolo sostiene la necessità di promuovere un'etica del morire e dell'accompagnamento dei morenti. In quest'ottica, esamina i rischi di una iperspecializzazione della biomedicina, che favoriscono una prospettiva riduzionista della "cura" al malato e delinea invece l'importanza di un approccio olistico e di rispetto alla persona. Passare dal to cure al più esigente to care significa anche assumere un approccio empatico nei riguardi del paziente. Significativi in tal senso gli apporti di alcune autrici che hanno dato vita alla cosiddetta "bioetica al femminile" e hanno tratteggiato la figura della madre come emblema dell'etica della cura. Accanto a ciò si pone il tema della formazione di operatori sanitari attenti ai profili psicologici della malattia.

Spazio aperto / Nuove o vecchie professioni?
Cambiare è d'obbligo: ma come?
- di Ivone Cacciavillani


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La percezione che quella giornalistica sia una professione di particolare rilevanza sociale è un dato unanimemente condiviso. E non mancano autorevoli sondaggi a supporto di tale convincimento. Come essa si guadagni, invece, tanto riconoscimento o come sia effettivamente svolto un simile ruolo non è questione altrettanto scontata. In molti - certo, forse non tutti - sono convinti che in realtà, al di là dell'apparente "prova di forza" che i media dimostrano, il mondo dell'informazione stia attraversando una delicata fase di trasformazione.
Più che un luogo comune o un'utopia l'obiettività va intesa come una credibile capacità del giornalista o della testata di approssimarsi alla verità e di offrire sufficienti e corretti strumenti di interpretazione. Pur interrogandosi su come un fatto divenga notizia, ci si deve preoccupare se siano attendibili le fonti delle informazioni stesse. La globalizzazione, se da una parte sta modificando lo stesso modo di "fare" il giornalista (che si caratterizza sempre piú come un lavoro di scrivania), dall'altra evidenzia la necessità di una formazione continua (si pensi solo all'uso delle lingue, alle nuove tecnologie, ai new media, …). È importante poi evidenziare le responsabilità etiche e deontologiche degli operatori dell'informazione; ma non vanno dimenticate nemmeno quelle dello stesso pubblico (lettore, ascoltatore, telespettatore, navigatore di rete, …), chiamato a un "uso etico" degli stessi strumenti di comunicazione.
La Procura di Roma ha recentemente archiviato un'indagine nei confronti di una conduttrice televisiva (che, secondo l'ipotesi accusatoria, avrebbe utilizzato gli spazi delle proprie trasmissioni per ottenere favori personali), stabilendo che nel suo comportamento non erano ravvisabili gli estremi della corruzione. Al di là dei contenuti dell'inchiesta, merita sottolineare che contestualmente all'archiviazione la Procura ha trasmesso le carte all'Azienda editoriale della conduttrice e all'Ordine dei giornalisti, affinché fosse valutato se si potesse ipotizzare una violazione delle regole deontologiche della professione giornalistica.
La decisione della Procura è significativa in quanto mostra come il livello strettamente giuridico e quello deontologico siano tra loro distinti: un comportamento penalmente non perseguibile può essere deontologicamente scorretto e per questo sanzionabile dalla magistratura interna all'Ordine. Un chiaro elemento di distinzione, spesso sottovalutato, è costituito dal fatto che le regole deontologiche sono il risultato di un'autoregolamentazione tra i soggetti direttamente interessati, in questo caso i giornalisti. Purtroppo, questo aspetto viene assai facilmente dimenticato con conseguenze pesantissime sul piano del costume e della legalità (che cos'è l'attuale inchiesta su "calciopoli" se non la dimostrazione dell'incapacità degli organi di autoregolamentazione, ovvero la Federcalcio, a vigilare sulla correttezza di comportamento dei propri associati?).
In questi anni la consapevolezza deontologica nel campo delle professioni dell'informazione si è sensibilmente rafforzata, come è attestato dall'adozione di numerose Carte e Codici di autoregolamentazione. L'informazione riguardante i minori, per fare un esempio, si è fatta piú attenta e rispettosa, grazie anche all'effetto positivo indotto dalla sottoscrizione da parte di FNSI e Ordine dei giornalisti della cosiddetta Carta di Treviso (1990). Ma le regole della deontologia da sole non bastano: alla lunga si inaridiscono se non alimentate da comportamenti efficaci, da motivazioni convinte, da atteggiamenti personali coerenti. Insomma, la deontologia impone, per la sua stessa autosussistenza, di ancorarsi a un'etica dell'informazione e della comunicazione.
Nel dossier numerose sono le indicazioni, frutto dell'esperienza maturata sul campo, che rendono conto delle potenti trasformazioni che hanno investito il mondo dei media e le relative professionalità, da quella del giornalista della carta stampata, a chi lavora in televisione e in radio, piuttosto che in un'agenzia d'informazione o in un giornale on line. È un'etica degli operatori dell'informazione che va riproposta nei suoi capisaldi (il rispetto dei princípi di verità, d'indipendenza, di autonomia, di responsabilità), che va però costantemente attualizzata. Ma vi è anche un'etica dei destinatari dell'informazione - aspetto mai sufficientemente considerato -, che implica l'assunzione di un atteggiamento attivo e il rifiuto di un consumo acritico.


Il Direttore
Antonio Da Re


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