Tutte le mamme hanno il latte

Quello che tutti dovrebbero sapere sull'allattamento e l'alimentazione artificiale

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Tutte le mamme hanno il latte  Paola Negri   Il Leone Verde
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ll latte materno ha da sempre costituito il nutrimento per il piccolo dell'uomo, e ha quindi sostenuto la nostra specie da tempo immemorabile. Allora perché nel XX secolo si è assistito a una drammatica diminuzione dell'allattamento al seno, a vantaggio del latte artificiale? Quali implicazioni sta avendo questo cambiamento di stile di vita sulla salute psico-fisica e sullo sviluppo dei bambini? È proprio vero che allattare è una questione di fortuna, o sono altri i motivi che portano molte mamme a ritenere erroneamente di non avere latte a sufficienza, o che il loro latte non sia adeguato?

Questo libro vuole dare una risposta a queste e a molte altre domande sull'allattamento, spiegando in modo chiaro ed esauriente i motivi che portano oggi moltissime madri a ricorrere al latte artificiale.

Usando un linguaggio semplice e scorrevole viene proposta un'accurata e documentata analisi dell'impatto del tipo di alimentazione nei primi anni di vita, riportando le più recenti e affermate raccomandazioni ufficiali e le azioni intraprese dalle istituzioni a livello europeo e italiano. Il libro non si rivolge soltanto a genitori e futuri genitori, ma anche a operatori sanitari, educatori, e a tutti coloro che hanno a che fare con mamme e bimbi piccoli, come anche a chiunque sia interessato a temi di ecologia, salute pubblica e consumo consapevole.

Lettori e lettrici verranno così condotti alla scoperta di una pratica naturale, accessibile, economica, piacevole e soprattutto salutare per i bambini, le famiglie e il pianeta.


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Tutte le mamme hanno il latte
Quello che tutti dovrebbero sapere sull'allattamento e l'alimentazione artificiale

Paola Negri



torna suPrefazione

Il procedimento per conservare il latte vaccino prodotto in eccesso, trasformandolo in latte in polvere, fu inventato dall’industria chimica tedesca nella seconda metà del XIX secolo.
Il latte così conservato fu utilizzato all’inizio come integratore nei mangimi per vacche, con il risultato di far loro produrre ancora più latte e di far crollare i prezzi. Qualcuno pensò allora di servirsi del latte in polvere per alimentare i bambini. Nacquero così, attorno al 1870, le prime farine lattee, e più tardi, agli inizi del XX secolo, le prime formule lattee, ossia le progenitrici delle formule per lattanti che noi conosciamo oggi.
Henri Nestlè usò la sua prima farina lattea per un neonato “con bisogni speciali”, come diremmo ora: un prematuro per il quale non era disponibile il latte materno. Ma dal momento in cui, nel 1867, brevettò il suo prodotto per trarne dei profitti, fu costretto (e ciò vale per tutte le imprese che si lanciarono via via nel mercato degli alimenti per l’infanzia) a cercare di venderlo al maggior numero possibile di consumatori, e quindi anche ai bambini “normali”.
Nacque così il “marketing” delle formule lattee e, successivamente, degli altri alimenti per l’infanzia. Marketing acriticamente accettato dai medici, dapprima negli Stati Uniti e poi negli altri paesi, che consideravano la “formula” più moderna e misurabile, in quantità e composizione, del latte materno. Marketing che iniziò a crescere, nonostante fossero pubblicati negli Stati Uniti, in Inghilterra e in Germania, nei primi venti anni del ’900, studi che dimostravano come morte e malattie fossero più frequenti nei bambini alimentati artificialmente rispetto a quelli allattati al seno.
Bisogna però aspettare la seconda guerra mondiale e il successivo baby boom per osservare una diffusione di massa del latte in polvere. Ciò fu dovuto in parte alle politiche di guerra. In Gran Bretagna, per esempio, il governo produsse e distribuì gratuitamente o quasi a partire dal 1943, latte in polvere (il famoso National Dried Milk, prodotto fino al 1976) per liberare le donne dall’incombenza di allattare e permettere loro di partecipare allo sforzo bellico. Non stupisce che la Gran Bretagna sia tuttora uno dei paesi europei dove si allatta meno.
Intanto la pressione commerciale da parte delle società produttrici non smette di crescere, in pervasività e manipolazione. Attraverso campagne pubblicitarie rivolte alle mamme e un capillare sistema di “informazione” per gli operatori sanitari, le imprese inducono ad abbandonare l’allattamento al seno in favore dei loro prodotti. Lo fanno:
- magnificando le caratteristiche del latte formulato;
- associandone l’immagine a quella di un bambino sano, roseo e paffuto;
- rappresentandolo come “facile”, “sicuro” e “moderno”;
- insinuando dubbi (“se non potete allattare …”);
- e nascondendo tutti gli aspetti negativi (nutrizione meno che ideale, possibilità di contaminazione batterica, costo individuale e sociale).
Non dicono, per esempio, che almeno una confezione di latte in polvere su 25 è contaminata, all’uscita dalla fabbrica, con batteri potenzialmente anche molto pericolosi per neonati con scarse difese e, più raramente, anche per neonati normali. Non dicono che i cosiddetti “latti speciali” non sono efficaci nel prevenire o trattare le condizioni per le quali sono pubblicizzati (coliche, rigurgiti, allergie, disturbi non meglio specificati).
Non dicono che i latti a base di soia non hanno quasi nessuna indicazione e che, quando ce l’hanno, devono in ogni caso essere usati con particolare cautela dato il loro alto contenuto in ormoni vegetali potenzialmente dannosi per il bambino. Non dicono, soprattutto, che la qualità di tutti i latti di formula, nessuno escluso, è sempre anni-luce lontana dalla qualità del latte materno; lo dimostra il fatto che tutte le imprese immettono periodicamente sul mercato latti “migliorati”, ammettendo implicitamente che il latte che avevano venduto per anni non era certo soddisfacente.
Chi indennizzerà questi milioni di mamme, convinte dal sofisticato marketing a far uso di una formula lattea, poi rivelatasi “superata”, per l’alimentazione sub ottimale dei loro figli?
Una delle strategie più usate dai produttori per promuovere i loro latti di formula fu (ed è) la penetrazione nel sistema e tra gli operatori sanitari.
Fino agli anni ’70 arrivavano addirittura ad infiltrare il loro personale, vestito di bianco, nelle unità sanitarie per offrire direttamente alle neo-mamme il latte formulato. Ora questo modo sfacciato e immorale di promuovere il latte in polvere è proibito. Ma ancor oggi:
- acquistano, in qualità di inserzionisti, intere riviste per mamme e bambini influenzandone i contenuti, e premono sugli operatori sanitari per conquistare lettrici.
- inondano gli operatori sanitari, pediatri soprattutto, di regali: dai gadget di poco valore ai viaggi per partecipare a congressi in località esotiche.
- forniscono gratuitamente e a turno – affinchè ogni compagnia abbia garanzia di una predeterminata quota di mercato – il latte in polvere ai reparti di maternità, ben sapendo che una volta somministrato in ospedale quel latte contribuirà non solo a renderc difficile l’allattamento al seno ma sarà anche con ogni probabilità usato (e spesso prescritto) alla dimissione.
Il marketing non è certo gratuito. Il suo costo, stimato ad un 15% circa dei bilanci delle compagnie produttrici (ma nessuno conosce la percentuale esatta nè il totale di denaro speso dalle compagnie, che si guardano bene dall’offrire quest’informazione al pubblico), è caricato sul prezzo del prodotto.
In più, le società si accordano per mantenere alto il prezzo al pubblico.
Poi, quando i consumatori denunciano la frode e l’Antitrust scopre il trucco, si mettono d’accordo con il governo per ridurre i prezzi. Ma chi restituirà alle famiglie l’eccedente speso per molti anni per finanziare il marketing delle compagnie, marketing che ha come obiettivo convincere le famiglie stesse ad acquistare il loro latte? Si tratta di molte centinaia di milioni di euro che le famiglie hanno sborsato e che le compagnie hanno incassato: non saranno mai restituiti. ? d’altra parte vero che questo diabolico meccanismo (paghiamo una parte del prezzo di un prodotto affinchè il produttore di quel prodotto ci persuada, mediante la pubblicità, ad acquistare il suo prodotto: non vi sembra irrazionale?) vale per tutte le merci.
Ma torniamo al mercato. Conquistato quello dei paesi ricchi, le compagnie si rivolsero a quelli poveri – dove tra l’altro nascono sempre più bambini, mentre la fertilità diminuisce negli altri – e questo comportò un’impennata dei danni conseguenti all’alimentazione artificiale. Se i bambini dei paesi occidentali nutriti con formule lattee hanno, nei confronti di quelli allattati al seno, qualche episodio di diarrea e otite in più (ma anche molti altri danni permanenti per la loro salute), quelli dei paesi poveri muoiono come mosche.
E molti di più soffrono di denutrizione e delle sue conseguenze per tutta la vita.
Questa tragica situazione risvegliò la coscienza di un numero sempre maggiore di operatori sanitari; nacquero quindi gruppi di protesta e di pressione che, nel 1981, riuscirono a far approvare dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il Codice Internazionale sulla Commercializzazione dei Sostituti del Latte Materno. Il Codice Internazionale, approvato da tutti i paesi membri dell’OMS, con l’eccezione degli Stati Uniti, pone dei limiti al marketing dell’alimentazione artificiale. Il Codice, che oltre al latte formulato copre tutti gli alimenti che possono sostituire il latte materno nonchè biberon e tettarelle, vieta tra l’altro:
- ogni tipo di pubblicità e promozione commerciale rivolte al pubblico;
- ogni tipo di contatto fra rappresentanti delle compagnie e donne o madri;
- doni alle madri e agli operatori sanitari;
- etichette e pubblicità che idealizzino i prodotti con termini come “umanizzato” o “maternizzato”, e con immagini di neonati e bambini.
I governi e le compagnie dovrebbero rispettare il Codice Internazionale nella lettera e nello spirito.
Purtroppo non succede. I governi dell’Unione Europea hanno adottato, nel 1991, una direttiva che non contempla il Codice Internazionale nella sua integrità. Le leggi nazionali formulate in conformità a questa direttiva sono pertanto più deboli del Codice Internazionale e permettono ai produttori di proseguire con il loro marketing osceno. Le compagnie a loro volta hanno inventato e continuano a sviluppare, con le ingenti quantità di denaro investite, forme sempre nuove di promozione commerciale, per lo più indiretta, attraverso il sistema sanitario. Le spese di marketing, in ogni caso, sono comprese nel prezzo e sono pagate dal consumatore. La famiglia che acquista un latte formulato contribuisce così, senza saperlo e senza aver dato il suo assenso, ad inviare il suo pediatra, a volte accompagnato da moglie e figli, a un congresso in una località marina o montana, o, più benevolmente, ad attrezzare un po’ meglio il suo ospedale o il suo ambulatorio (e contribuendo a rinforzare il legame tra compagnie e operatori sanitari).
A fronte di una situazione così seria è sempre mancato uno strumento informativo in grado di mettere le mamme nella condizione di fare una vera scelta – informata e soprattutto consapevole. Questo libro parla di tutti questi aspetti e di moltissimi altri. Forse per la prima volta viene offerta al grande pubblico un’informazione oggettiva, dettagliata, scientificamente documentatissima su questo tema, di estrema delicatezza e gravità. Già dal titolo (Tutte le mamme hanno il latte) si evince una ferma presa di posizione: quante volte infatti si sente parlare di mancanza o insufficienza di latte, come se fosse una situazione quasi normale quando, al contrario, è un evento rarissimo e collegato a precise patologie?
Ad oggi, bisogna riconoscerlo, le madri non ricevono quell’informazione corretta, completa e indipendente, ciò non influenzata da interessi commerciali, che consentirebbe loro di fare una scelta cosciente. E la stragrande maggioranza delle mamme, se facesse una scelta in piena consapevolezza e avesse un sostegno adeguato, deciderebbe di allattare al seno i propri figli, in modo esclusivo per i primi sei mesi ed il più a lungo possibile in seguito: fino a che mamma e bambino lo desiderano, e non fino a quando lo prescrive il pediatra.
Io confido che la lettura di questo libro faccia aumentare sempre più il numero di genitori consapevoli e autonomi nelle loro decisioni.


Adriano Cattaneo
Epidemiologo
Responsabile dell’Unitàà per la Ricerca sui Servizi Sanitari e la Salute Internazionale
IRCCS Burlo Garofolo
Trieste
Coordinatore Progetto Europeo su
“Protezione, promozione e sostegno dell’allattamento al seno: un programma d’azione”


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Paola Negri



torna suIntroduzione

In questo libro parleremo di allattamento al seno.
In che modo? Non certo come di una pratica “straordinaria” che realizza il modo “ideale” di nutrire il bambino appena nato, fornendogli una protezione “extra” dalle malattie e garantendogli una salute “migliore”, anche se per la mamma costituisce un grande sacrificio, mina la sua salute, la costringe a una dieta speciale per mesi e la obbliga a rinunciare completamente o quasi alla sua vita sociale e coniugale… Forse questa descrizione farà sorridere qualcuno, eppure non è molto distante dall’idea di allattamento che molte persone hanno, nè da ciò che si legge in molti libri di puericultura, per non parlare dell’immagine di allattamento che ci viene offerta, in modo più o meno esplicito, dalla pubblicità.
Se le cose stessero davvero così, in effetti, sarebbe inevitabile pensare all’allattamento come a un obiettivo tanto nobile quanto fuori dalla portata comune, una pratica esclusiva riservata a poche mamme tanto fortunate (sia perchè “hanno il latte” sia per il fatto di potersi permettere di affrontare un compito così impegnativo), quanto coraggiose, perchè votate al sacrificio e alla debilitazione fisica per il bene del figlio. Tutte le altre, le donne “normali”, possono invece accontentarsi di alimentare i figli altrettanto “normalmente”, e cioè con biberon e latte artificiale, che se non rappresenta “la scelta migliore” rimane comunque “un alimento adeguato, bilanciato e sicuro”. Di fatto, questo è ciò che realmente avviene oggi nella maggior parte dei paesi del mondo, Italia compresa. E non a caso, viene spontaneo aggiungere, se le cose stessero veramente così!
Per fortuna, la realtà è molto diversa, ma sebbene le maggiori istituzioni a livello mondiale, le associazioni che si occupano di tutela dell’allattamento, alcuni operatori sanitari e molti genitori se ne siano accorti da un pezzo, resta ancora tanta strada da fare, come vedremo nel capitolo in cui ci occuperemo delle statistiche sull’allattamento.
Questo libro è stato scritto proprio per creare maggiore consapevolezza sui vari aspetti dell’allattamento e per capire perchè, nonostante questa pratica sia accessibile e sana, oggi sono ben pochi i bambini allattati secondo le raccomandazioni vigenti, cioè per sei mesi in maniera esclusiva e poi fino a due anni o più, se mamma e bambino lo desiderano.
Non parleremo quindi di allattamento come di qualcosa di bello ma inaccessibile. Vi condurremo per mano alla scoperta di una pratica naturale, alla portata di tutte le mamme quanto il camminare o il riuscire a leggere e a scrivere. Cercheremo di capire le implicazioni dell’alimentazione nei primi anni di vita, e qual è il prezzo che l’umanità sta pagando per la perdita dell’abitudine di allattare i bambini, che ne rappresentano il futuro e che subiscono le più gravi conseguenze dell’abbandono di questa abitudine.
Spiegheremo perchè il recupero dell’allattamento è un passo necessario, insieme a molti altri, al benessere delle future generazioni e alla sopravvivenza del pianeta, e perchè la sua promozione e difesa rappresentano una scelta di giustizia sociale. Sveleremo come l’organismo femminile produce il latte e perchè è quasi impossibile che ciò non avvenga, e nello stesso tempo quanto sia fragile l’allattamento e come può essere facile interferire con un meccanismo biologico perfetto. Parleremo di come l’allattamento viene ostacolato nella nostra cultura, di come anche alcune prassi normalmente in vigore nei nostri sistemi sanitari siano nemiche dell’allattamento (e quindi delle mamme e dei bambini). Scopriremo le strette connessioni fra alcune consuetudini in uso negli ospedali e negli ambulatori pediatrici e le tattiche di marketing dei produttori di cibi per l’infanzia, e le loro conseguenze a livello sociale e politico. Inoltre, accenneremo all’alimentazione infantile complementare e oltre il periodo dell’allattamento. Infatti l’argomento è strettamente collegato al tema di questo libro, perchè denutrizione, malnutrizione e obesità infantile sono problemi che, lungi dall’avanzare verso una soluzione, si aggravano di anno in anno, in tutti i paesi del mondo, minando la salute del genere umano e richiedendo, per affrontarli, risorse economiche sempre maggiori. Forniremo infine una prospettiva di cambiamento di rotta, con esempi concreti di cosa si sta facendo, a livello istituzionale e non, e di cosa si può fare per contribuire in modo effettivo a ricreare una cultura più amica della salute, dei bambini e dell’ambiente. Questa sezione intende anche offrire strumenti concreti per compiere scelte informate e consapevoli a chi è genitore e a chi prima o poi lo diventerà, come a chiunque ha a che fare per professione con genitori attuali e futuri e con bimbi piccoli.
Prima di lasciarvi alla lettura, teniamo a sottolineare che questo libro si basa su una bibliografia scientifica qualificata e aggiornata, per gran parte composta da documenti ufficiali di istituzioni quali l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), l’UNICEF (Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia), il WABA (World Alliance for Breastfeeding Action, o Alleanza Mondiale per l’Allattamento) e l’IBFAN (International Baby Food Action Network, Rete Internazionale per l’Alimentazione Infantile), con il cui gruppo italiano chi scrive collabora attivamente. Oltre ai numerosi articoli citati nelle note, la fonte bibliografica principale per la prima e la seconda parte è stata quello che potremmo definire uno dei principali testi di riferimento per chi si occupa di consulenze in allattamento: Breastfeeding and Human Lactation della professoressa Jan Riordan (3° edition, 2005, Jones and Bartlett Publishers).
Per la terza parte si è fatto riferimento in particolare al materiale prodotto da IBFAN e IBFAN Italia, soprattutto ai più recenti rapporti sulle violazioni al Codice Internazionale nel mondo e in Italia, da cui sono anche tratte molte immagini.


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