L'Agricoltore e il Ginecologo

L'industrializzazione della nascita

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L'Agricoltore e il Ginecologo  Michel Odent   Il Leone Verde
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Sembra il titolo di una favola moderna: durante uno scambio di idee, l'agricoltore e il ginecologo comprendono fino a che punto hanno entrambi manipolato le leggi della Natura ed analizzano le impressionanti similitudini fra l'industrializzazione dell'agricoltura e quella del parto,ambedue sviluppatesi nel corso del ventesimo secolo.

In entrambe le circostanze, ogni innovazione è stata sempre presentata come la soluzione a lungo attesa di un vecchio problema. Ad esempio, l'avvento di potenti insetticidi sintetici ha ridotto i costi e incrementato la produttività agricola in maniera drastica e veloce.

È facile comprendere perché vengano usati in modo così abituale e diffuso. Allo stesso modo, l'avvento di una tecnica moderna e sicura di taglio cesareo ci ha offerto nuove e serie ragioni per creare enormi reparti ospedalieri di ostetricia, di modo che tutte le donne possano partorire avendo a disposizione una sala operatoria e uno staff di medici specialisti.

Alle immediate reazioni entusiastiche hanno fatto eco le voci di un ristretto numero di scettici,che hanno manifestato dubbi e paure riguardo alle probabili ripercussioni alungo termine derivanti da un uso diffuso di pratiche o punti di vista nuovie poco sperimentati. Sebbene i ripetuti avvertimenti venissero apparentemente ignorati, hanno tuttavia stimolato la crescita diatteggiamenti "alternativi" e hanno costituito la base di "movimenti" organizzati, con la partecipazione di un numero sempre crescente diconsumatori.

Al volgere del secolo, la storia dell'agricoltura industriale ha subìto un'improvvisa accelerazione: in seguito a una serie di calamità, inparticolare il morbo della mucca pazza e l'afta epizootica, è avvenuta una presa di coscienza collettiva. Al contrario, la nascita industriale non ha ancora raggiunto la stessa fase storica.
Quale disastro dobbiamo aspettarci?


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Michel Odent



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Perché l’Italia è speciale?
Mi piacerebbe essere poliglotta. Allora scriverei i miei libri nella lingua idealmente più appropriata per ogni particolare argomento. Credo che sceglierei l’italiano per un libro sulla “industrializzazione della nascita”. Primo, perché il mero concetto di industrializzazione mi fa pensare all’Italia. Associo l’Italia alla Fiat, alla Ferrari, all’Alfa Romeo, e ai cambiamenti portati nella società italiana dall’improvviso utilizzo di massa dell’automobile. Ciò che è accaduto in Italia illustra perfettamente le principali caratteristiche delle varie fasi del processo di industrializzazione. C’è stata una fase di entusiasmo che potremmo chiamare il “periodo romantico”, simboleggiata dai modelli del primo novecento, come la Chiribiri Monza del 1924. A questa fase ne seguì un’altra, caratterizzata dagli evidenti, persino ovvi, effetti negativi dell’industrializzazione: oggi la maggior parte delle città italiane è asfissiata dall’uso di massa del trasporto motorizzato individuale.
La seconda ragione per cui penso all’Italia è più precisamente attinente alla nascita. Il tasso di parti cesarei è uno dei criteri più efficaci per valutare il grado di industrializzazione del parto in un determinato Paese e, da questa prospettiva, l’Italia può essere presentata come la campionessa d’Europa.
Oggi il tasso globale di tagli cesarei nella penisola è intorno al 40%, e in alcune regioni, come la Campania, il taglio cesareo è diventato il modo più comune di partorire.
Il modo in cui i bambini italiani nascono ci induce a sollevare svariate domande importanti e nuove. Dobbiamo innanzitutto chiederci perché le donne italiane non riescono a partorire facilmente, e questo ci porta ad osservare le molteplici conseguenze del processo di industrializzazione. In Italia uno degli effetti di questo processo è stato quello di rendere all’improvviso altamente mascolinizzato l’ambiente che circonda la nascita. C’è un numero eccessivo di ginecologi specializzati in ostetricia, e la maggior parte è di sesso maschile.
Il numero delle ostetriche è comparativamente piccolo e nella maggior parte dei casi l’ostetrica non è una figura autonoma ma si pone piuttosto come l’ausiliaria del medico. La dottrina secondo la quale il papà del bambino deve partecipare all’evento del parto è un’altra conseguenza dell’industrializzazione della nascita: questa pratica ha avuto inizio nella fase in cui le nascite sono andate sempre di più concentrandosi in ospedali sempre più grandi. Da questo punto di vista, dovremmo contrapporre l’Italia alla Russia.
In Russia, su sei ginecologi specializzati in ostetricia, cinque sono donne. Ci sono molte ostetriche ed è molto raro che il papà del neonato assista al parto. Le donne russe partoriscono ancora in un ambiente principalmente femminile ed è significativo che i tassi di tagli cesarei siano tre volte più bassi che in Italia, mentre la mortalità perinatale e altri dati statistici inerenti alla nascita sono migliori.
Dobbiamo anche chiederci quali possano essere, in termini di civilizzazione, gli effetti a lungo termine di una nascita altamente industrializzata.
Oggi comprendiamo che il flusso di ormoni che una donna dovrebbe rilasciare durante il parto è un vero e proprio cocktail di “ormoni dell’amore”.
In un ambiente industrializzato la maggior parte delle donne non riesce a liberare questo cocktail di ormoni; deve accontentarsi di sostituti farmaceutici, oppure partorisce con il taglio cesareo. Quale sarà il futuro di una società nata senza ormoni dell’amore?
Per rispondere a domande di questo tipo, è necessaria una nuova generazione di ricerca. Sarà possibile e fruttuoso, nel prossimo futuro, paragonare l’evoluzione di ambienti culturali differenti in relazione al grado di industrializzazione della nascita. L’Italia sarà il punto di riferimento ideale per l’Europa nel rappresentare il grado estremo di industrializzazione. L’Olanda, all’opposto, sarà il modello europeo di un livello moderato. In Olanda circa l’80% delle ostetriche è indipendente. I tassi di tagli cesarei sono un quarto di quelli italiani, e gli esiti della nascita migliori. I ginecologi-ostetrici olandesi sono dei veri esperti in situazioni rare o patologiche. Non hanno tempo per occuparsi direttamente di ogni parto.
Spero che questo libro aiuterà il pubblico italiano a guardare in maniera oggettiva ad un aspetto importante del loro stile di vita, e li incoraggerà a pensare a lungo termine.


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Introduzione all’edizione italiana
Dedica
1. La goccia che fa traboccare il vaso
2. Priorità fondamentali e recenti avvenimenti stra ordinari
3. La fonte e il bersaglio
4. Similitudini
5. Entusiasmo
6. Non dimentichiamoli!
7. Movimenti per la nascita naturale e per l’agri col tu ra biologica
8. Quali disastri ci attendono
9. La scientificazione dell’amore
10. Le api
11. Sonno e travaglio
12. ? pericolosa la partecipazione del padre alla nascita?
13. Sono pericolose cineprese e macchine fotografiche?
14. Parto e atteggiamento biodinamico
15. Il futuro della relazione ostetrica-ginecologo
16. Avere un bambino prima del 2036
17. Essere ostetrica o ginecologo prima del 2036
15. Uscire dal vicolo cieco
Appendice
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