Etica per le Professioni. SPORT E DIRITTI UMANI

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Editoriale

Sport e diritti umani

DOSSIER

Piú democrazia attraverso lo sport
- di Lorenzo Biagi
Il centro irradiatore della riflessione etica in relazione allo sport è dato da questa specificità: l’etica non si applica dall’esterno allo sport, in maniera estrinsecista, cosí da apparire come una predica moralistica tanto ingenua quanto irritante che sporge pubblicamente per lo piú quando scoppiano casi di doping, di corruzione, di violenza. L’etica scaturisce dall’interno della “pratica sportiva”, la quale in quanto forma dell’agire, del volere, dell’interesse, e dunque del disporre di sé, del dedicarsi ad un’impresa, trascina già con sé una costellazione di valori che sono nell’ordine della gratuità e scaturiscono dalla libertà. E’ in questo senso preciso che possiamo parlare di “etica nello sport” piuttosto che di “etica dello sport”. L’articolo argomenta questa tesi di fondo.

Differenze ridotte, ma non colmate - di  Jacolo Tognon
Nel contesto normativo del diritto internazionale non esiste un “diritto allo sport” quale parte integrante della difesa dei “diritti umani”. È possibile, però, collocare lo sport in quest’ambito, valorizzando i riferimenti sparsi nei testi giuridici che richiamano i diritti inviolabili delle persone. Secondo la tesi della tripartizione dei diritti, infatti, il “diritto allo sport” si inserisce a pieno titolo nel nei diritti di terza generazione (diritti alla pace, allo sviluppo, alla solidarietà) in quanto favorisce lo sviluppo degli individui e delle relazioni tra i popoli. In tal senso si muovono organismi quali l’ONU, l’UNESCO e l’Unione Europea. Una posizione fondamentale, per il ruolo internazionale e per i valori che patrocina, è occupata dal Comitato Olimpico Internazionale, che in vista dei Giochi Olimpici di Pechino, sta concretizzando la sua azione non solo nell’ambito organizzativo, ma anche in quello della promozione (in Cina, ma non solo) dei diritti umani.

Un’attività naturalmente etica - di  Antonella Stelitano
Etica, diritti umani e sport sono direttamente collegati. Questa affermazione viene esaminata a partire dalla filosofia del Movimento Olimpico, per la quale lo sport, internazionale e democratico, deve servire ad orientare l’umanità verso i valori della tolleranza, della comprensione e della pace. Lo sport dunque come un international peace-maker capace di riunire uomini altrimenti divisi a causa di political entanglements. Questa prospettiva della filosofia olimpica ha trovato riconoscimento nell’ambito dell’ONU, dell’UNESCO e del magistero pontificio. La sua forza è stata ed è quella di imporre l’uomo al di sopra di tutto, nelle sue dimensioni fisica, tecnica, sportiva e relazionale; e, partendo dall’uomo, mettere al centro i suoi diritti fondamentali di persona e i bisogni della comunità internazionale.

Sul podio la difesa della pace - di  Elio Trifari
Lo sport, che impone regole comuni a chiunque vi partecipi e dunque per sua stessa definizione dovrebbe garantire di pari opportunità, favorisce veramente l’integrazione, in particolare quella femminile e quella dei diversamente abili? Per rispondere all’interrogativo l’autore prende sommariamente in considerazione le componenti fondamentali della pratica sportiva organizzata: la nascita della distinzione tra dilettante (amateur) e professionista, l’ostracismo nei riguardi della pratica sportiva femminile, la riscoperta dello sport come cura del corpo, l’evoluzione del significato e del ruolo dello sport nella società occidentale moderna. La risposta alla domanda iniziale è positiva: sì, lo sport è un attenuatore delle differenze che la società manifesta, ma sarebbe illusorio credere che possa divenire un ammortizzatore totale di queste diversità. Lo sport è espressione della società in cui si sviluppa ed è la società stessa che può intendere lo sport come una palestra nella quale le diversità si confrontano su un terreno più fertile, come uno strumento verso il traguardo della parità.

Olimpia 2008: occasioni e contraddizioni - intervista a Roberto Reale a cura di Germano Bertin
I Giochi Olimpici hanno riaffermato che anche lo sport deve preoccuparsi di tutelare i diritti umani. Diritto allo sport e formazione globale della persona esigono una informazione trasparente, rispettosa della verità, attenta ai diritti della persona ed essere sempre più globale.L'intervista a Roberto Reale, vicedirettore di Rainews24, mette in luce opportunità e contraddizioni emerse in occasione delle Olimpiadi di Pechino 2008. Secondo il vicedirettore, il governo cinese non ha saputo mantenere le sue promesse intorno alla questione "diritti umani". Se è che la Cina non può essere isolata dal resto del mondo, è altrettanto vero che la comunità internazionale non può ignorare né tollerare queste violazioni, né si può continuare ad affermare che lo sport non c’entra con la politica. "Ci auguriamo - insiste Reale - che anche le Olimpiadi 2008 abbiano contribuito a riaffermare il convincimento che non ci possono essere veri Giochi Olimpici senza diritti umani e senza tutela della dignità umana".


APPLICAZIONI

Atleta
Dalle Olimpiadi un appello per i diritti umani - intervista a Rossano Galtarossa
a cura di Ivan Malfatto

Doping
E' ormai un fenomeno di massa
- di Valerio Piccioni

Medico sportivo
A gara per prendersi cura della persona - intervista a Antonio Maone
a cura della Redazione

Business
"Cum-petere": il migliore investimento
- di Fabrizio Poli e Roberto Ghiretti

Indicazioni bibliografiche

RUBICHE PER AMBITI PROFESSIONALI

Ambiente / Emergenza rifiuti - Produrre di piú con meno risorse naturali
- di? Matteo Mascia
A partire da alcuni recenti dati che registrano un trend di crescita della produzione di rifiuti solidi urbani in Italia, l’articolo riflette sulla complessità e l’intrinseca difficoltà di gestire una questione che nel corso degli ultimi decenni è diventata una delle principali emergenze ecologiche a livello nazionale e internazionale. Due sono gli ambiti attorno a cui si sofferma la riflessione: la necessità di agire attraverso efficaci politiche che intervengano sulla composizione del prodotto/servizio, agendo nel momento della produzione più che del consumo; l’esigenza di promuovere nuovi stili di vita perché le scelte di acquisto dei consumatori possono fare la differenza nella direzione di produrre più o meno rifiuti.

Economia / Etica, sviluppo e finanza - Un nuovo modello di finanza - di? Nereo Tiso
Economia e finanza, etica ed economia, economia e sviluppo: binomi non antinomie. In un certo senso coniugando nel sistema economico mondiale questi elementi si potrebbe avere una visione diversa del sistema e una capacità dello stesso di far crescere buone pratiche per metter in moto condizioni migliori per il maggior numero di uomini e di donne. E’ il mercato, attraverso i suoi migliori meccanismi e non le sue perversioni, che accende la miccia propulsiva perchè,  anche nel sottosviluppo, si possa crescere in dignità, progresso, istruzione, socialità. Una sfida che l’economia mondiale dovrà accettare e affrontare.

Formazione / Educazione degli adulti - Una pedagogia del dialogo e della libertà - di? Claudia Secci
L’articolo vuole onorare la memoria di uno dei più importanti educatori e pedagogisti del XX secolo, il brasiliano Paulo Freire, a poco più di dieci anni dalla sua morte, avvenuta nel 1997.
L’autrice si propone di dimostrare l’attualità del pensiero di Freire, nel senso che la sua teoria, nata per rispondere alle esigenze delle classi più povere della società brasiliana, mostra di essere valida per tutte le società in cui sono presenti strati sociali che si trovano in condizioni di dipendenza materiale e culturale e che aspirano a riscoprire la propria identità umana e culturale.
In secondo luogo, l’articolo mostra come la teoria dell’alfabetizzazione e della valorizzazione dell’esperienza sia particolarmente efficace nel contesto dell’educazione degli adulti.   

Bioetica / Stato vegetativo - La frattura tra “biografia” e “biologia” - di? Marco Tuono
Chi fa propria la concezione di morte corticale vede nello stato vegetativo permanente da una parte la vita biologica, perpetrata dalla medicina, e dall’altra la biografia della persona, oramai definitivamente conclusa, in base all’assunto che, smarrita la capacità di esercitare le funzioni nobili (coscienza, pensiero, linguaggio e relazione), venga meno tutto ciò che conta nella vita.
A tale concezione possono essere mosse alcune obiezioni: anzitutto essa non è la mera registrazione di processi biologici, piuttosto presuppone considerazioni filosofiche, fondate su un’idea dualistica dell’uomo e condotte in ottica empiristico-razionalistica, confondendo le funzioni del soggetto con il soggetto stesso.
E’ impossibile, inoltre, stabilire il momento preciso in cui la biografia cede il passo alla biologia, se non ammettendo che esse siano definibili per opposizione reciproca. Tolti dall’opposizione, infatti, i due ambiti non si escludono, ma rappresentano le astrazioni di quell’unità che è la vita umana.
La concezione corticalista è vittima, dunque, di una “ipertrofia cognitiva”, che valorizza solo ciò che è presente in atto, mentre i malati terminali esprimono comunque un’autonomia residuale, la quale stimola in chi sta di fronte a loro la ricerca di nuove forme di relazione. In tal senso si dispiega la cifra ermeneutica della bioetica: il suo impegno costante rivolto all’investimento di senso delle situazioni di fine vita.

Spazio aperto / Cambiamento climatico
Strategie globali di adattamento
- di Carlo Carraro


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All'interno della Costituzione Europea, firmata a Roma nell'ottobre 2004, lo sport trova un proprio riconoscimento esplicito, autorevole e diretto. All'articolo III-282 si afferma "la funzione sociale ed educativa" dello sport e si ribadisce l'impegno della Comunità europea a pomuovere l'imparzialità e l'apertura nelle competizioni sportive, a favorire la cooperazione tra gli organismi responsabili dello sport e a proteggere l'integrità fisica e morale degli sportivi. Da tale enunciazione, e da successive diachiarazioni e documenti, si rafforza l'idea che lo sport è l'ambiente ideale nel quale e attraverso il quale si promuove l'educazione integrale della persona, la salute, lo sviluppo, la pace, nonché tutti i diritti umani. In altre parole, si comprende che proprio attraverso la pratica sportiva si possono costruire capacità educative in grado di promuovere il benessere delel persone e la pace collettiva, di proteggere l'ambiente naturale e di combattere l'esclusione sociale, la violenza, le ineguaglianze, il razzismo e la xenofobia.
Tutto ciò, evidentemente, richiama l'articolo 26 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (1948), dove si afferma che "l'educazione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana e al rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali". E' chiaro che quando si parla di "personalità umana" si fa riferimento al soggetto originario titolare dei diritti fondamentali, cioè all'essere umano fatto di anima e di corpo; e quando si parla di "diritti" si allude alla interdipendenza e alla indivisibilità di tutti i diritti umani fondamentali, dal diritto alal vita, alla libertà, alla sicurezza, alla salute, al benessere fisico e psichico, alle pari opportunità, all'informazione, nonché al diritto di praticare lo sport.
Chiederci quale sia il rapporto tra sport e diritti umani non appare affatto una vacua velleità accademica, bensì un andare a riflettere su quella che è la stessa essenza e valenza originiaria della pratica sportiva, chiamata a rappresentare, anzi a concretizzare, quella "rivoluzione" innescata dal Diritto internazionale sui diritti umani, che punta a mettere al centro di tutto il rispetto della persona nella sua integralità.
Lo sport, di fatto, impregnato di valori e di riferimenti simbolici particolarmente forti, coinvolge l'essere umano in ogni sua dimensione (fisica, psichica, spirituale) e si realizza in contesti che permettono a ciascuno - nella condivisione di regole comuni - uguali opportunità. Lo sport in quanto tale, dunque, è e diventa l'espressione più tipica della "cittadinanza universale", ragion per cui gli atleti - e con loro anche chiunque pratichi lo sport a qualsiasi livello - diventano, in quanto tali, promotori e difensori per eccellenza dei diritti umani, in quanto essi promuovono e difendono al di sopra di tutto i diritti umani di tutti e per tutti.
Poiché lo sport è lo spazio dove l'essere umano scopre di essere abitato da un desiderio insopprimibile di trascendimento di sé e di ricerca della bellezza e della perfezione, esso può essere definito un'attività "naturalmente" etica, in quanto trascina con sé una costellazione infinita di valori che sono nell'ordine della gratuità e che nascono dalla libertà. E' chiara, a questo punto, la responsabilità educativa che investe la comunità sportiva in termini di testimonianza e di pratica di vita; le pratiche sportive, secondo quest'ottica, posseggono un potenziale così ricco da poter essere in grado di promuovere condizioni assolutamente nuove di libertà, di pace, di giustizia, di rispetto, di gratuità, di solidarietà, di convivenza sociale.
Così, volendo rileggere anche le più recenti Olimpiadi di Pechino 2008, appare ancor più chiaro che lo sport è chiamato in prima istanza a preoccuparsi di tutelare i diritti umani di tutti, difendendo non solo il diritto allo sport, ma il rispetto della persona umana nella sua integralità e lo stesso diritto dei popoli. I giochi olimpici, infatti, non possono essere intesi e vissuti semplicemente come una "tregua" temporanea delel ostilità belliche o delle stesse violazioni dei diritti umani, quanto piuttosto un momento favorevole per rafforzare un impegno condiviso e continuativo a costruire una pace durevole, capace di assicurare sempre e ovunque il rispetto di tutti i diritti che riguardano l'uomo e tutti gli uomini, che comprendono diritti civili, politici, economici, sociali, culturali, insieme al diritto alla vita, alla pace, all'ambiente, allo sviluppo. Se la tensione all'eccellenza propria della rpatica sportiva non innerva anche un progetto globale di vita buona e autentica per tutti, molto probabilmente non stiamo davvero parlando di sport.

Il Direttore
Antonio Da Re


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